A spasso nel tempo della Sardegna con Paolo Ignazio Marongiu
dì @GuidaLor
Paolo Ignazio Marongiu, (Twitter @PaoloIgna1) una vita nel mondo della comunicazione, dell’editoria e dell’innovazione. Pioniere social, curioso del mondo e orgogliosamente sardo.
Leggendo il percorso professionale di Paolo Ignazio Marongiu, sono rimasto colpito dalla lunga serie di impegni profusi per la sua terra d’origine nel corso degli anni.
Partiamo da quí allora, il tempo e la terra: quanto è cambiata la Sardegna dal boom economico ad oggi, dalla cementificazione selvaggia all’arrivo del turismo di massa?
Grazie Lorenzo per l’attenzione. Per rispondere a questa domanda ci vorrebbe qualche anno!
E’ cambiato tanto e ripenso a quando avevo tre anni e con una seicento vinta al totocalcio la mia famiglia si mise in viaggio verso la Costa Smeralda. Allora c’erano solo le prime vestigia, il neonato hotel cala di Volpe la mitica casa di Bettina icona di Givenchy e fresca “vedova”di Ali khan padre dell’Aga Khan Karim immersi ancora in una natura gallurese priva di costruzioni e ricca di bellezza naturale.
In quel momento noi non lo sapevamo ma la Sardegna cambiava per sempre.
Prima con il modello d’elite e poi con il turismo di massa che avrebbe cambiato definitivamente le nostre coste prima neglette a causa della malaria.
Gli anni 60 e ancor di più quelli ’70 portarono alla cementificazione delle coste a volte in maniera almeno architettonicamente piacevole altre volte (troppe) in maniera brutale. Un modello turistico fatto di seconde case, villaggi e insediamenti alberghieri stratificati in maniera non armonica che segna il paesaggio ancora oggi. Per trovare la Sardegna più antica bisogna uscire dagli itinerari più tracciati e che io ho ancora potuto godere per tutta la mia infanzia.
Il modello turistico ha poi avuto una mutazione dal 2000 in poi.
In coincidenza con il Giubileo di quell’anno, nasce in Italia l’ospitalità diffusa e si afferma un nuovo tipo di turismo urbano e rurale favorito dalla crescita dei voli low cost. Di questo mutamento sono stato anche protagonista attivo come fondatore di una delle prime associazioni di Bed and Breakfast di qualità e come animatore territoriale per lo sviluppo dell’Albergo Diffuso nella formula proposta da Giancarlo Dall’Ara.
Questo tipo di turismo ha trasformato prima Alghero e poi Cagliari e altri centri urbani in nuovi hub turistici cambiandone le caratteristiche con risultati positivi e negativi.
A una maggiore vivacità dell’ambiente urbano e all’accrescimento delle attività di intrattenimento si e è abbinata uno svuotamento dei residenti e delle attività commerciali e artigianali nei centri storici.
Ora la debolezza di questo fenomeno è più evidente. nella crisi dovuta alla pandemia. Un modello vincente si è dimostrato quello legato alla cultura e alle zone di costa e interne che hanno saputo cogliere i cambiamenti del mercato puntando più sulla qualità del turista che sul numero creando alcuni piccoli modelli di successo. Ne cito tre per tutti Cabras, Barumini e SantuLussurgiu .
La Sardegna non può vivere di solo turismo. Ti sei fatto un’idea di quali politiche andrebbero attuate per rilanciare una regione che registra il tasso di natalità più basso d’Italia?
Domanda molto difficile pure questa.
Anche qui torniamo al 1962 quando vede la luce il primo piano di rinascita della Sardegna.
Si cercò, con l’accordo di quasi tutta la classe politica di allora di dare vita ad un modello industriale e turistico che riscattasse la Sardegna dal suo sottosviluppo e isolamento. Il tentativo non fu coronato da successo e fu ricco di errori profondi come le cronache del tempo e nel tempo dimostrano come anche il dibattito sulla mancata zona franca. Fu però anche un tentativo generoso di cercare un ruolo autonomo della Sardegna all’interno dello stato nazionale.
Altri tentativi furono fatti durante i decenni successivi vedi il secondo piano di rinascita del 1974 ma con risultati ancora inferiori a quelli precedenti.
Negli anni ottanta e soprattutto novanta sotto la spinta di imprenditori come Nicola Grauso con VideoOn Line prima e Renato Soru poi con Tiscali poi, che ho conosciuto da vicino, la Sardegna sembrava aver trovato un nuovo modello di sviluppo incentrato sulla telematica e sulla new economy .
Sulla spinta di quel successo, (poi rivelatosi molto meno brillante di quanto previsto) Soru diventò presidente della Regione con un mandato quasi plebiscitario e fece partire un ambizioso piano di riforme. Le riforme e poi il piano di programmazione integrata che avrebbe dovuto segnare una nuova stagione di sviluppo armonizzato per la Sardegna nel suo intero però finirono praticamente nel nulla nonostante il grande sforzo finanziario e organizzativo. Le successive giunte non hanno trovato nuove visioni d’insieme di grande spessore.
La Sardegna colpita ancora di più dalle diverse crisi di sistema del 2008 e poi da quella attuale ha sempre un grande portato di innovazione e infatti le iniziative non mancano, ma manca attualmente un progetto d’insieme che le leghi tra loro anche per i difetti di fondo ribaditi anche un paio di giorni fa dal 27° rapporto del Crenos che cito “gli investimenti in capitale umano e innovazione tecnologica sono ancora troppo bassi”
A questo si aggiunge l’evoluzione fortemente negativa degli indicatori demografici, Insularità e perifericità, denatalità e spopolamento delle aree interne, bassa densità della popolazione e scarsa domanda locale” E che invoca un cambio epocale purtroppo già troppe volte richiesto mai attuato per uscire dalla crisi con un modello nuovo e sostenibile. Cito ancora ” Bisogna certamente rafforzare le infrastrutture fisiche, ma si deve investire soprattutto sul miglioramento del capitale umano, sociale e ambientale e sulla qualità delle nostre istituzioni. La crisi si supera solo se riusciamo a condividere visione strategica, competenze, innovazione, coesione” Condivido questa conclusione perché negli ultimi trent’anni con tanti progetti ho cercato con tanti altri di offrire contributi per valorizzare le grandi risorse umane dell’Isola e costruire sistemi integrati di nuova generazione capaci di rispondere proattivamente alle crisi di sistema economiche , che non illudiamoci non sono ancora terminate.
Aggiungo al termine una nota personale tratto da uno dei miei ultimi progetti : per avviare e rendere persistente nel tempo una strategia di crescita e sviluppo di una comunità è necessario coinvolgere in modo consapevole e partecipato le persone alla promozione e salvaguardia del territorio e creare una strategia che attivi le economie locali , valorizzando il patrimonio tangibile ed intangibile dei territori incrementando la qualità delle buone pratiche dei portatori di interesse.
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Foto https://pixabay.com/it/photos/italia-sardegna-ballao-1619899/