Calenda nella Suburra




 

Se per il dittatore Giulio Cesare sarebbe stato “meglio essere primo in un villaggio che secondo a Roma”, Carlo Calenda, patrizio per eccellenza, nonostante l’immagine da reuccio costruita a suon di tweet e comparsate televisive, conosce l’arte del compromesso, ovvero la politica.

Sarà anche per questo motivo se nel weekend appena trascorso ha iniziato ad accarezzare l’ipotesi di una candidatura a Sindaco di Roma, nonostante l’archivio sul tema sia la gioia degli avversari politici e la perfetta realizzazione della legge karmica di internet.

All’interno di un Paese nuovamente in subbuglio per la ripresa dei contagi, le sorti politiche della Capitale rappresentano uno dei nodi fondamentali per l’auspicata rinascita economica post Covid.

 

E se gli endorsement per la candidatura di Calenda non sono mancati, è curioso registrare come uno dei primi sia arrivato da Pierluigi Castagnetti, ex compagno nelle fila del PD, appena pochi mesi fa protagonista di una lunga diatriba social proprio con il leader di Azione.

 

Tornando all’attualità, l’unica certezza è l’incertezza. Su tutti i fronti.

In risposta a una società paralizzata dalla pandemia, il mondo della politica risponde con una vivacità d’altri tempi: la Lega affronta il dibattito interno su Salvini. Fratelli d’Italia deve fare i conti con le sue frange più estreme. Forza Italia cerca un erede per il testamento politico di Berlusconi. Il PD tribola con sè stesso come da copione e il M5S rischia una lacerazione definitiva. Italia Viva ha fallito la sua mission, incapace di evangelizzare con la parola di San Matteo lo stivale tutto.

All’interno di questo quadro, una parte sempre più consistente dell’elettorato moderato, ha visto e vede “Azione” come valida risposta all’equilibrismo dei protagonisti su citati.

 



 

A un anno dalla nascita, “Azione” resta però ancorata al nome del proprio leader.

 

Nonostante l’impegno per allargare la platea dei partecipanti, Carlo Calenda rimane l’unico front man di una band che ha fatto del rigore, dell’innovazione e della riappropriazione politica nelle transizioni economico-sociali, elementi onorabili ma assai onerosi nel concreto del quotidiano politico.

 

Come sanno gli smaliziati, ben più del fascino dell’ideale può sempre la sporca realtà e il vecchio detto di Andreotti sul potere che logora chi non ce l’ha. 

 

Calenda deve fare i conti con un Governo che sarà capace di reggere fino al termine della legislatura per cento e uno motivi; ha la necessità di dare risposte a sostenitori e finanziatori;  coglie l’opportunità di mettere il proprio logo vicino a quello della lupa capitolina.

E allora ecco, dopo mesi di smentite, come la la riflessione sulla candidatura diventi doverosa e venga difesa con il coltello fra i denti dall’assalto dei delusi, subito pronti a palesarsi tramite social: letto di nascita, letto di madre, letto di morte per tante iniziative, politiche e non.

 

L’intenzione di candidarsi, nonostante un preventivo “controllo dei numeri”, spacca a metà l’elettorato già deluso da una contraddizione che lascia traccia nelle dichiarazioni di questi mesi: contraltare di un attivismo capace di far crescere il partito in modo esponenziale ma renderlo allo stesso tempo vulnerabile di fronte al bizzoso presente.

 

Carlo Calenda come Sindaco di Roma piace a quanti sperano in una rinascita della Capitale sia dal punto di vista culturale che amministrativo ed economico, nella solita confusione sull’homo novus in grado di rivoluzionare le rivoluzioni fallite con un colpo di bacchetta.

Carlo Calenda come Sindaco di Roma non piace a molti sostenitori di Azione, consapevoli di un progetto a rischio estinzione per il carico di lavoro del Campidoglio e la possibilità di rimanere impantanati dentro una città in fase discendente da oltre dieci anni, dove regnano ancora gli eredi dell’aristocrazia papalina e l’olezzo dello scandalo è sempre pronto a rinvigorirsi con il primo ponentino.

 

Nella realtà dei fatti capitali e ben oltre ogni opinione, Carlo Calenda per fare il Sindaco di Roma deve passare da Canossa e trovare la benedizione di un certo Nicola Zingaretti, martellato quotidianamente per la scelta di allearsi con il Movimento 5 Stelle, in un’altra incognita che grava sugli sfidanti della Raggi: Sindaca disastrosa per molti versi ma capace come pochi di sfuggire alla rete della Suburra, che muove sotto le mura del Campidoglio da oltre 2700 anni.

 




Foto https://pixabay.com/it/photos/imperatore-imperator-righello-roma-4007627/

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