Caro bollette: se una crisi non scaccia l’altra

Come scriveva il poeta “Noi viviamo in unepoca epica ma non abbiamo più niente di epico”.
Un’epoca delle crisi, inaugurata con l’attacco alle Torri e Gemelle e in ultimo segnata da quindici anni di recessione economica e ventiquattro mesi di pandemia globale.
Eventi e fattori che hanno falciato abitudini e capacità di spesa della middle low class, almeno quella italiana, senza registrare stravolgimenti politici che pure nel corso della storia sono sempre scaturiti da rivoluzioni sociali, economiche e di classe.
Siamo nell’epoca della resistenza, al virus o alla povertà, testimoniata dal costante arretramento dei consumi e della socialità, per una larga fetta della società che, seppur consistente, non riesce a trovare rappresentanza, voce, sfogo, risposta alle sue istanze.

 

Se lo spettro del Covid è vinto e battuto nella narrazione mainstream che anela al ritorno a una “normalità” sulla quale far girare la giostra dei consumi, la crisi geopolitica internazionale provoca l’ennesimo shock sul quotidiano con gli aumenti stellari delle bollette.

 

Un ennesimo chiodo sulla bara della piccola media impresa italiana.
Il profondo sprofondo per salariati e precari che affondano nell’aumento di beni primari fra pasta ed energia elettrica.

 

In questo contesto i meno affascinati dall’estetica della modernità osservano il vero essere della giostra capitalista occidentale, quell’accozzaglia di mostri finanziari e societari che da quindici anni vorrebbe condurci fuori dalla “crisi” -qualunque essa sia – seppur da lei generata.

 

 

La rete a strascico del virus si è portata via centinaia di migliaia di vite umane.

La risacca del capitale investito dal virus può fare altrettanto nei modi più subdoli: crollo degli screening preventivi; incapacità del SSN di soddisfare le esigenze di una popolazione sempre più anziana; il silenzioso spettro di una società attraversata dalla perenne crisi isterica o depressiva causata dall’esclusione del mondo del lavoro, dal precariato, dalle disuguaglianze crescenti.

 

La pandemia del virus è il risultato di una globalizzazione sfrenata.
La pandemia energetica è la risultante di un altro eccesso, quello dell’attività umana incapace di fare i conti con la realtà di un mondo finito per sua stessa definizione geografica.
Stiamo saltando da una crisi all’altra con una differenza sostanziale: un virus fa paura, una tassa fa incazzare, la frustrazione conduce all’eccesso e i cani che abbaiano prima o poi potrebbero anche mordere.
L’insoddisfazione degli italiani si misura con gli aumenti ma soprattutto con l’amara consapevolezza di un’inflazione che impiega poco tempo a impennarsi e lungo tempo per tornare indietro.

 

La sofferenza economica rispetto alla spesa familiare dovuta principalmente dall’aumento dei beni primari non è una “congiuntura” temporanea ma l’asticella della nuova sopravvivenza, che si alza notevolmente per milioni di italiani.
E se la transizione energetica appare -giustamente- doverosa, il modo in cui si è gestito l’inevitabile (v.covid) rischia di causare più danni della singolare tragedia familiare dovuta a un malanno, intaccando i rapporti stessi di una società già fortemente squilibrata.

 

Per dirla fuori dai denti: se il Covid poteva essere una preoccupazione democraticamente uguale per tutti, il costo delle bollette e l’aumento dei beni conseguente al caro energia andrà a colpire milioni di cittadini ridotti ai minimi termini dopo anni di cassa integrazione, disoccupazione, taglio del welfare.

 

Rischiamo di passare da una crisi all’altra: dal virus che costringe al lockdown nelle case, alle piazze piene di masse inferocite.
E nonostante l’emotività del periodo, è certo che siano queste ultime, ben più dei virus, a muovere la storia.

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