Caso Huawei: se il Drago strangola l’Aquila

Questa è la storia di una nuova guerra fredda, quella fra USA e CINA, che rischia di deflagrare improvvisamente. Questa è la storia del potere secolare, politico ed economico, che da Washington viaggia sempre più veloce verso est, direzione Pechino.
Questa è una storia vecchia e nuova, come tutte le vicende di uomini e popoli: l’unica novità, è che l’Europa, questa volta, non sarà al centro della scena.

Sullo sfondo della battaglia tecnologica (fin qui silenziosa) fra Cina e USA, il recente caso Huawei ha inevitabilmente fatto clamore, spezzando, almeno apparentemente, equilibri e taciti accordi fra le due superpotenze.

 

LA MOSSA DI TRUMP

Poche settimane, si è registrato il primo strappo ufficiale all’interno dello scacchiere, da parte dell’America di Trump, quella che vorrebbe tornare “Great Again”.

In Maggio, il Presidente Trump, di concerto con le aziende statunitensi, annuncia lo stop delle forniture verso il colosso cinese Huawei, adducendo a motivi di sicurezza nazionale. Dal sistema operativo (Android – Google), ai microchip, fino alle Micro SD, (https://www.drcommodore.it/2019/05/27/caso-huawei-addio-anche-alle-microsd/), la società cinese si vede improvvisamente mancare gli approvvigionamenti tecnologici americani.

A distanza di pochi giorni, anche Intel, Qualcomm e Xilinx  (sempre aziende statunitensi) interrompono qualsiasi rapporto con Huawei, provocando lo sconforto dei consumatori e aprendo le porte del baratro ad una delle società cinese più promettenti nel mercato delle tecnologie.

 

COME IN UN FILM: LA RISPOSTA DI XI JINPING

 

La reazione di Pechino non si fa attendere.

Il Presidente Xi Jinping, insieme al vice-premier, Liu He  – capo negoziatore con gli Usa sulla questione del commercio –  di passaggio con la sua imponente scorta, si ferma nello stabilimento della Jl-Mag.

L’azienda è leader nella lavorazione ed esportazione delle “terre rare”, il materiale di base per l’assemblaggio e la costruzione di tutte le tecnologie odierne. Il Drago Rosso, approfittando del sonno decennale degli USA in Africa, si è infatti assicurato, nel corso degli ultimi anni, tutti giacimenti più produttivi di “terre rare”, presenti del Continente nero.

Ciò che avviene dentro l’azienda non è dato saperlo; quello che succede dopo l’incontro è invece una evidente impennata del valore della azioni Jl- Mag, alla Borsa di Pechino.

Senza le “terre rare”, provenienti dalla Cina in misura dell’80%, l’industria tecnologica americana resterebbe praticamente ferma: incapace di assemblare qualsiasi prodotto tecnologico. Un collasso che i giacimenti australiani – politicamente più vicini agli Usa – non potrebbero mai colmare, a causa di un’estrazione irrisoria rispetto al fabbisogno delle multinazionali tech.

STALLO ALLA MESSICANA

 

Il messaggio cinese arriva a Washington chiaro e forte, nel giro di pochi minuti. A distanza di appena qualche ora dalla visita di Xi Jinping alla Jl-Mag, il blocco di Huawei negli Stati Uniti viene rimandato di 90 giorni. Nello stesso momento,  l’azienda cinese rilancia, promettendo un nuovo sistema operativo per i suoi utenti. Lo scontro è aperto.

 




 

Il finale di questa storia è ancora tutto da scrivere.

 

 

Al momento, la crisi diplomatica fra Cina e Stati Uniti si compone di più punti, contestati dall’una e dall’altra parte: dall’aumento dei dazi minacciato da Trump, al possesso del debito americano in mano ai cinesi, dalla vendita della soia- richiesta in minor quantità da Pechino con conseguente crisi degli agricoltori americani- , alla Via della Seta che attraverserà l’Europa, dalla guerra tecnologica che gli americani stanno rovinosamente perdendo, alla rincorsa militare in piena escalation, l’unica certezza è che, molto presto, verranno scritti nuovi importanti capitoli, di una relazione sempre più pericolosa.

 

 

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