Come è triste Venezia, soltanto un anno dopo
Nella comparsata di Matteo Salvini al Festival di Venezia c’è il cambio di passo nella comunicazione di un leader politico solitamente a suo agio nelle sagre, laddove non si trovi ad annusare qualche prodotto caseario in una delle tante aziende disposte ad accoglierlo per qualche selfie e un pizzico di sana pubblicità.
Sbarcato a Venezia con la compagna, Francesca Verdini, il Segretario della Lega non ha perso occasione per riempire i social con la cronistoria del breve tragitto in laguna, rispondendo dopo l’attracco – mai si dica “sbarco” – alle domande dei giornalisti presenti: e questa era la cronaca.
Ma della notizia risulta evidentemente più interessante l’impatto mediatico e la forza delle immagini, con un Salvini in smoking che, a voler essere pignoli, appariva leggermente lungo sul fondo e come da confessione pubblica aveva “indossato solo due volte prima di oggi: alla Scala e al Quirinale”.
Il leader della Lega è apparso tranquillo, nonostante tutto. E in quel “nonostante” c’è la perdita del potere dal quale si è autoescluso circa un anno fa, arrivando all’oggi con una pandemia che ha travolto l’esecutivo giallorosso, imperniato su meccanismi fragili a lui ben noti: la difficile gestione nelle trattative con il Movimento 5 Stelle, la preoccupazione dei partner di Governo per i riflettori costantemente puntati verso il front man, Giuseppe Conte.
Il James Bond lombardo vive un tempo sospeso ma l’impressione è sempre quella di un uomo che si diverte, più una rock star che non un politico.
E parte della sua tranquillità deriva dalla gestione della crisi più difficile affidata all’acerrimo nemico Giuseppe Conte: manna politica in un primo momento, con la trasformazione del Premier in personaggio pop, che, sul lungo periodo, soprattutto a livello economico, può trasformarsi in un risultato insperato, tradotto nell’insoddisfazione dei disoccupati, nella difficile soluzione alla questione migranti, oltre al disorientamento ormai storico di un elettorato spaccato dal centro alla sinistra in circa 12 sigle incapaci di riunirsi e contrastare con un progetto condiviso l’onda di ritorno del sovranismo nazional popolare.
Le elezioni regionali saranno un banco di prova decisivo per tutti anche se l’impressione e i sondaggi sembrano confermare l’autorevolezza della Lega al nord e il disfacimento di un centro sinistra aggrappato a roccaforti sempre più in bilico, dopo aver già perso il piccolo ma storico fortino dell’Umbria.
Se nel corso della navigazione verso il Festival, il vichingo Matteo Salvini avesse guardato a riva, avrebbe osservato decine di accampamenti nemici ma nessun capo a guidarle.
Più dello schieramento avversario il vero pericolo rischia di annidarsi fra gli alleati, in una convivenza con Giorgia Meloni sempre più scomoda e ingombrante e nelle preoccupanti evoluzioni di una Forza Italia sul viale del tramonto.
A distanza di un anno, fra acqua alta e blocco del turismo, Venezia appare più triste agli occhi del Paese, Salvini no. E di questo i suoi avversari politici dovrebbero tenerne conto,
dì Rinoasauro
Segui su Facebook e Twitter @ifatticapitali
foto https://pixabay.com/it/photos/venezia-lido-lido-di-venezia-4787376/