Le conferenze stampa per i Dpcm: rito stanco per spettatori spaesati
Non c’è più pathos, attesa, ansia: l’illustrazione dei Dpcm firmati dal Premier, Giuseppe Conte, è diventata un rito stanco per spettatori spaesati dai continui stravolgimenti normativi. Programmazione televisiva lasciata in sottofondo durante le cene degli italiani, come una fiction di quart’ordine o la pubblicità delle pentole, perché ogni conferenza ha ormai il sapore del penultimatum.
Le centinaia di morti fanno meno impressione, gli strascichi fisici del sars-cov2, pur dimostrati dalla scienza, non spaventano sufficientemente quel mondo produttivo inarrestabile nella sua determinazione schopenhaueriana e il famoso “tempo sospeso”, che ha riempito i giornali a partire da marzo, si è ormai insinuato nel quotidiano.
La costante negazione di una realtà articolata, contrappone di nuovo le scelte politiche agli umori della società civile nella ricerca di una soluzione molteplice -e a scadenza settimanale- entro la quale si è ultimamente generato lo strappo tra “privilegiati e non”, solo parzialmente mitigato dal blocco dei licenziamenti, dai ristori e dal potenziamento del welfare.
Una comunità social sempre più rassegnata al sarcasmo – ultima difesa di fronte al reale- mentre si annotano le nuove restrizioni decise da una politica imbarazzata dalla sua stessa incapacità di governare l’imprevisto anche quando non è più tale, ovvero da maggio ad oggi.
L’unità nazionale più volte richiamata dal Presidente della Repubblica si perde così nei tratteggi colorati di uno stivale pieno di toppe: zone rosse, arancioni, gialle, colori per marcare differenze sempre più incomprensibili alla massa, entro le quali si svolgono battaglie di potere fra Governo e Regioni sul filo di lama di una Costituzione eccessivamente macchinosa davanti all’evento pandemico.
Nel mezzo, vite appese: imprenditori preoccupati, cassaintegrati in attesa di nostra signora Inps Godot, disoccupati spaventati dal futuro, adolescenti senza scuola e sport.
La confusione come tratto distintivo di una politica che naviga a vista da settimane, inseguendo il virus con i suoi continui Dpcm: già da domani arrivata al capolinea delle certezze, nella divisione regionale basata su 21 parametri piuttosto oscuri, che daranno modo a Governo e Governatori di battagliare ancora per molte settimane.
Nella confusione e nello scontro istituzionale sulla pelle del Paese, il sottofondo televisivo si fa allora sempre più lontano e la reazione davanti alla mancanza di una linea decisa si trasforma un giorno nella rabbia delle piazze, l’altro nel sarcasmo degli utenti social.
Agli italiani si continua a chiedere di vincere insieme seguendo metodi incomprensibili: perchè il Lazio o la Campania sono zone gialle nonostante il numero dei contagi registrato nelle ultime settimane? E perchè si parla di “battaglia di Milano” quando i casi giornalieri nella capitale sono arrivati a oltre 1.200?
<E che ne so io?> rispondono sempre più spettatori televisivi alle domande dei propri figli, mentre il dubbio di essere diventati anche spettatori della democrazia si insinua lento, fra le pappardelle e l’insalata.
Immagine https://pixabay.com/it/photos/microfono-ragazzo-studio-urlando-1209816/