Da Mario Draghi a Lord Byron: parlaci!




 

Il piano vaccinale procede a rilento.
I contagi sono tornati a crescere per l’aggressività della variante inglese.
Il nuovo DPCM dovrebbe contenere una ulteriore proroga al divieto di spostamento fra regioni.
Un milione di Cig Covid risulta ancora inevaso dal carrozzone dell’INPS.
Fra un mese scade il blocco dei licenziamenti.
Mario Draghi tace.
Lord George Gordon Byron evoca una richiesta ormai trasversale.

 

 

Se il problema nazionale è sempre stato l’eccesso di amore e odio, euforia o depressione, con il cambio della guardia fra Giuseppe Conte e Mario Draghi siamo passati dall’iper all’ipocomunicazione in una situazione di costante, drammatica incertezza capace di travolgere l’economia e ormai anche la sfera psichica di una società frustrata dalla reclusione e disorientata dalle incognite.
In tale contesto, la discontinuità promessa non sembra essere certo il tratto distintivo del nuovo esecutivo.

 

La squadra di Ministri e Sottosegretari imposta dai famelici partiti del centrodestra e accettata da quelli più in difficoltà (M5S, PD, Italia Viva), ha tratteggiato lo spazio di azione concesso al Premier per incidere sulle dinamiche di una politica sconfitta ma non domata.
Il risultato è quello di un Governo nel quale si contano meno laureati del Conte bis e, dove possibile, un numero maggiore di personaggi impresentabili.
Nella costante riproposizione della storia si segnala comunque un nuovo  cerchio magico anche nel “Governo dei migliori”: Colao, Giavazzi, Gorno, tre moschettieri vicini a Draghi che non aspirano la “c” ma rappresentano le istanze dell’impresa, sempre più in conflitto con la società dove il lavoro si fa chimera, la stabilità leggenda.
In questo senso, il silenzio sul caso “rider” è emblematico di una possibile, preoccupante linea d’azione: nel Governo a una sole voce l’indifferenza sarà l’arma più utilizzata?

 



 

L’ordine di limitare le dichiarazioni già scricchiola nelle performance di Salvini, un giorno vicino alla maggioranza e l’altro attivo come fantomatico oppositore, mentre PD e 5 Stelle ripiegano in una dialettica interna non meno pericolosa e Italia Viva procede con il rosario celebrativo del suo intoccabile leader arabesco.
Tutti gli attori in campo mostrano la bandiera della pace ma nascondono l’ascia nell’altra.
Mario Draghi come educatore dell’intera classe politica rischia di pagare il prezzo di quanti lo hanno preceduto nel salto dalla dirigenza pubblica alla politica, con la scarsa attenzione rivolta alle numerose istanze sociali che possono tracimare velocemente a motivo della crisi in atto, prendendo vie di fuga difficilmente prevedibili, soprattutto adesso, sul viale del tramonto grillino e dei vaffanculo orfani di un destinatario.
E’ certo che la via del silenzio non agevola la necessaria coesione fra difficili riforme e sentimento nazionale. Chi onora le istituzioni serve innanzitutto il suo popolo.
Per questo motivo Mario Draghi non può permettersi il lusso di chiudere le porte al mondo della comunicazione.
Il solito salto fra una convinzione e l’altra, nelle ultime ore ha spinto anche i più strenui sostenitori anti-social verso un appello byroniano che recita “almeno una sola parola”. Qualcosa vorrà pur dire.
In attesa di un cenno da parte del “Premier della salvezza”, nella lettura del Manfred di George Byron, ancor tanti spunti per una storia appena cominciata:
<Oblio, oblio di me. Dai tanti regni
oscuri che mi offrite non potreste
estrarre solamente quanto chiedo?>

 



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