“Dark” ovvero come combattere la coazione a ripetere
In occasione dell’uscita della seconda stagione di Dark, che richiede senz’altro un ripasso della prima per la sua complessità e per gli intrecci che presenta, vorrei fare una breve riflessione su alcuni dei significati più interessanti della serie. I riferimenti sembrano essere in effetti molti, dall’Eterno Ritorno Nicciano al concetto di tempo unitario che molti fisici hanno provato a spiegare (colgo l’occasione per consigliare a tutti “L’ordine del tempo” di Rovelli).
Ciò che ha attirato la mia attenzione è invece il modo con cui i vari personaggi affrontano (o sono costretti ad affrontare) l’intrecciarsi delle diverse dimensioni temporali.
Questo modo può essere definito con il semplice concetto di ripetizione. In un modo o nell’altro, i personaggi della serie mettono nuovamente in pratica quanto “il destino” aveva riservato loro, senza esserne realmente consapevoli.
Freud l’aveva definita “coazione a ripetere”, intendendo la tendenza inconscia insita nell’essere umano a ripetere comportamenti i cui anelli della catena non si riescono a spezzare. La sensazione, osservando i personaggi alle prese con le dinamiche dei ‘loro stessi’ appartenenti ad altre epoche, è che invece si possa provare a scardinare un meccanismo che sembra scritto.
A loro modo ci provano tutti, senza apparentemente riuscirci. Allo stesso tempo, un altro messaggio passa però inesorabile: per tentare di scoprire la verità, dunque per liberarsi dal fardello del passato e da quello del futuro, serve un percorso che attraversa le strade della sofferenza, della curiosità e infine della conoscenza. Al termine della prima stagione ci troviamo con tutte le scarpe all’interno dell’enigma, più che mai riempiti di domande e aspettative, carichi di ansia per ciò che può avvenire (o è già avvenuto?).
Eppure, certamente, appare strano confrontarsi con qualcosa che una parte di noi, fissata in un altro tempo, ha già vissuto senza poterlo sapere o ricordare.
Difficile più che strano, ma anche inevitabile se vogliamo conoscere il modo in cui abbiamo noi stessi creato il nostro mondo. Dobbiamo esplorare noi stessi fino in fondo per poter capire realmente il significato della frase “Sic mundus creatus est”.
Chiudo la mia breve riflessione con due massime di Carl Gustav Jung. Richiamo la prima a sintetizzare il significato ultimo della serie: “Rendi cosciente l’inconscio, altrimenti sarà l’inconscio a guidare la tua vita e tu lo chiamerai destino”. La seconda può ben rappresentare il significato del mistero metafisico che Dark ci propone dall’inizio alla fine: “L’anima contiene non meno enigmi di quanti ne abbia l’universo con le sue galassie [e con le sue dimensioni, aggiungiamo], di fronte al cui sublime aspetto soltanto uno spirito privo di fantasia può non riconoscere la propria insufficienza”.
In altre parole, mentre l’uomo non può reggere il confronto con l’universo, la sua anima sì.
Foto: https://pixabay.com/it/illustrations/legno-texture-dark-black-parete-1759566/
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