E se cambiassimo? Immagini di una Roma post-covid




dì A.G. 

Per inviare i vostri articoli, lettere o pensieri, scrivete a postmaster@ifatticapitali.it

 

Esco con il cane a metà giornata, un martedì, dopo un pranzo trascorso con la mia famiglia. Il mio stato mentale è settato su “quarantena finita”: la fase due, per quanto ancora esse siano sul pulsante “off”, ha aperto le nostre possibilità, possibilità che, almeno per me, sembrano molto rispetto alla fase uno.

Il governo ci ha concesso di ripristinare il contatto con la natura: possiamo ritornare ai parchi. Meno posti di blocco in strada, sembra che la cinghia si sia allentata. Il governo ci ha concesso di ripristinare il contatto con le persone care che per due mesi non abbiamo potuto vedere se non da uno schermo, e chiude un occhio se invece di darci il gomito ci abbracciamo, o parliamo a distanza in un parco con un amico, felici di esserci ritrovati.

Esco con il cane, dunque, e lo scenario che, a due mesi di distanza, continua ad apparirmi strano e sorprendente è quello di una città semideserta, in cui solo poche sparute macchine e ancora troppo rumorosi furgoni solcano l’asfalto. Poi, più nulla. Un tecnico della Tim sta lavorando ad una cabina. Mi domando allora, tutto d’un tratto, se questo scenario non possa appartenermi più quotidianamente e, in un certo senso, più profondamente.

 

Immaginiamo: una città che, grazie alle tecnologie, a internet, continua a permettere a chi può di lavorare da casa. Un luogo dove un efficiente sistema di trasporti urbani permette di muoversi in mezzi pubblici non affollati, anzi. Dove il rumore di automobili e motorini è sostituito dal fischio pulito di monopattini elettrici, dallo scroscio della catena di una bicicletta smossa da un terreno lievemente dissestato. Dove, in una domenica notte di gennaio, per la passeggiata serale con il cane, respirando a pieni polmoni l’aria, i cittadini delle zone più elevate della città pensano “sembra di stare in montagna”.

 




Immagino così, in un mondo distopico, la mia città, Roma.

Un luogo dove le libertà tornano ad essere garantite e allo stesso tempo rispettate dai cittadini: ci muoviamo, ma abbiamo cura del nostro muoverci. Immagino una città più trafficata nei weekend che non durante la settimana, dove le persone si muovono con uno scopo, con un senso.

E i negozi? E le botteghe? Immagino un sistema in cui è possibile rimanere aperti, lavorare con l’e-commerce restando in bottega, dove materialmente sono poche le persone che si presentano, dove ciascuno comprende le proprie reali e improrogabili “necessità”.

 



 

Poi mi fermo a riflettere ancora qualche minuto e penso ai bambini e ai ragazzi nelle nostre scuole, a chi frequenta un corso di teatro dall’altra parte della città, a chi viene da fuori per frequentare l’università, per avere l’occasione di parlare con la persona di cui si è innamorato. Penso ai vecchietti che per tanti anni ho visto giocare nel circolo bocciofilo di villa Torlonia, a quelli che trascorrono il tempo osservando i cantieri, presi dalla nostalgia.

Penso che molto della nostra vita è contraddittorio, ma concludo dentro di me, guardando negli occhi il mio cane che fa la cacca e mi guarda a sua volta, che torneremo a chi eravamo, ma che non è giusto. Dobbiamo e possiamo immaginarci diversi in come saremo.



Foto https://pixabay.com/it/photos/strada-pantheon-roma-italia-3401918/

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *