Forse è la stampa ad essere morta
Come uno sportivo che improvvisamente perde il passo e la coordinazione di un tempo, nell’ultimo anno la stampa italiana ha mostrato tutti i segni di un disfacimento connesso alla scarsa lungimiranza dei suoi editori, al pluriennale taglio degli investimenti e alla caccia al click capace di svilire un servizio fondamentale.
Fausto Gresini, fondatore dello storico Gresini Racing, a differenza di quanto annunciato il 22 febbraio dai maggiori quotidiani è ancora vivo.
Le sue condizioni restano gravi a causa del Covid19 contratto in dicembre ma l’ex motociclista continua a lottare con il virus nella terapia intensiva dell’Ospedale di Bologna, come riportato dal figlio Lorenzo e dai suoi più stretti collaboratori.
Lorenzo Gresini smentisce la morte di suo padre Fausto: "Non è oggi il suo giorno": Il figlio del campione interviene in prima persona smentendo la notizia che era dilagata. Fausto è gravissimo, ma ancora tra noi https://t.co/jLXNJJr3MD pic.twitter.com/CE8PP4AL4T
— gpone.com (@gponedotcom) February 22, 2021
REFUSI E FAKE NEWS
Con il caso Gresini siamo fuori dal campo delle gaffe e vicini all’ultima “perla” di un anno nero per l’informazione.
A colpi di tastiera si è toccato il fondo di un sistema segnato dalla fine del presidio territoriale dei piccoli quotidiani e dalla maniacale caccia all’utente web, in un meccanismo perverso basato su titoli roboanti, articoli brevi, linguaggio semplice, velocità di esecuzione, nessun controllo delle fonti.
Il preoccupante scollamento all’interno delle redazioni rimanda al patetico errore di Corrado Augias, abbandonato poco meno di un mese fa al pubblico ludibrio per la mancanza di coordinamento in un “giornalone” come Repubblica, senza un redattore capace di discernere la realtà dal caso di phishing nel quale era rimasto vittima l’autore.
Il 15 febbraio, con l’intervista al Ministro Brunetta, l’autorevole Corriere della Sera si era invece reso protagonista di “lifting editoriale”, spacciando una notizia di 8 mesi prima come la più importante “ultima ora” dopo il giuramento del nuovo Governo.
Sul @Corriere online è stata pubblicata inspiegabilmente una mia intervista dello scorso 22 giugno. Come doveroso riserbo, e in attesa del discorso programmatico alle Camere del presidente #Draghi, io non ho rilasciato alcuna intervista. Nulla. Sono sconcertato e dispiaciuto. pic.twitter.com/MybAlWzu00
— Renato Brunetta (@renatobrunetta) February 15, 2021
Con la nomina di Mario Draghi i lettori sono stati assediati da decine di articoli morbosi sulla vita dell’ex Presidente BCE, dalle testimonianze del fornaio all’assurda passione per “web e mail”, in un processo di deificazione al quale ha fatto da contraltare lo sberleffo fuori misura verso il capo politico del M5S, Vito Crimi, (Corriere della Sera) e quello di molti altri grillini caduti in disgrazia.
Un elenco che potrebbe arricchirsi ripescando dall’archivio le foto dalla prospettiva schiacciata pubblicate durante la prima ondata della pandemia o l’attività censoria dei direttori illustri per babbi dalla penna senza freni; il “figlio prodotto” dalla Meloni secondo “La Stampa” e ancora decine di refusi che ogni giorno rimbalzano sui social, svilendo l’autorevolezza delle testate nazionali.
"Esporta, asporta, che differenza c'è?" https://t.co/tI5EGgVG5H#Titolisti https://t.co/FTqcIlYyVe
— Paolo Attivissimo (@disinformatico) February 17, 2021
Secondo Repubblica il nuovo governo si dovrà "cementare" con il fronte delle organizzazioni criminali…@disinformatico pic.twitter.com/EdsrH9JAzX
— Luigi Falzetta (@FalzettaLuigi) February 15, 2021
Al fondo di questo smottamento generale dell’editoria c’è il taglio degli investimenti e la scomparsa dei quotidiani di territorio ma anche qualche brutta abitudine ormai consolidata come la comoda pesca nel mondo social o le orrende pagine gossippare di ogni tipo e ordine.
Un complesso di titoli fuorvianti per attirare il click e un mondo autoreferenziale che spadroneggia e si da appuntamento nei salotti televisivi. Brutta china che il pubblico punisce, evitando di abbonarsi a edizioni digitali dalla fortuna già alterna per la scarsa educazione tecnologica nel nostro Paese.
L’informazione è un pilastro della democrazia.
Svilirne il ruolo con la gestione approssimativa delle notizie comporta il rischio sociale che gli stessi editori dovrebbe combattere: disinformazione, complottismo, il potere d’influenza dei singoli utenti che attraverso un tweet oggi realizzano più “engagement” delle prime pagine dei quotidiani.
Il sistema dell’informazione è da rifondare e per farlo occorre tornare a una distribuzione equa delle risorse finanziarie, competenze e aumento delle risorse umane sul campo, anche nell’era degli smartphone e dei reportage improvvisati.
Se il web è un processo irreversibile, la stampa necessita ancora del cronista che alza il telefono e chiama l’Ospedale di Bologna prima di fare delle figure di m**** (censura del capo redattore).