Hammamet, che delusione.
dì Lorenzo Guidantoni
Twitter @GuidaLor
<Il peggio è alle spalle>
<Alle spalle di chi?> chiede Craxi, rivolgendosi al pubblico arrivato in massa per trovare risposta (anche) a questa domanda.
Dopo oltre due ore di scomoda poltroncina, mi limito a dire come il peggio sia alle spalle di chi esce dopo due ore e mezza di nulla e confusione, con uno straordinario Pierfrancesco Favino impegnato a tenere in piedi una sceneggiatura e un montaggio fra il banale e il ridondante.
La martellante pubblicità per “Hammamet”, pellicola firmata dal regista Gianni Amelio, aumenta la delusione per una narrazione che vorrebbe ma non può, che potrebbe ma non riesce.
La prima, lunghissima parte del film, gioca sull’escamotage di un ragazzo, figlio di uno dei tanti suicidi dell’epoca tangentopoli, che si introduce nella villa di Hammamet per recapitare una lettera. Accolto da Craxi, viene utilizzato dal regista per mettere in scena tutto il repertorio di interviste già viste in televisione e presenti, da decenni, sul web.
Un’ora di verità craxiana che non presenta nessuna novità, alcun punto di vista originale, inframezzata da lunghe scene di silenzi, camminate solitarie, abbuffate di pasta, scherzi con il nipote impacciato, ritagli di quotidiano attraverso i quali Gianni Amelio mette a dura prova lo spettatore più volenteroso.
Con l’inizio che attinge a piene mani nell’archivio giornalistico più noto, il film prende improvvise vie onirico – allegoriche vagamente felliniane: dal ragazzo bipolare che vorrebbe uccidere Craxi, al cabaret degli anni 90′ berlusconiano, in cui il “leader – lader” viene messo alla gogna, capro espiatorio di un Paese feroce, lo stesso capace di venerarlo fino a pochi anni prima.
Se al personaggio Craxi manca Milano, la sceneggiatura di Hammamet ha nostalgia dell’Italia.
Il declino fisico del fu Bettino è puntellato dalle visite di ex compagni di partito, amici, parenti senza nome ma facilmente riconoscibili, eppure, gli avvenimenti di là del Mediterraneo, fra quanti fanno carriera grazie allo scalpo del PSI e del suo leader, non vengono registrati, sono una eco lontana, per un film che vorrebbe gridare ma resta muto.
Quando “il cielo è limpido e si può vedere la costa siciliana”, il Berlusconi premier passa in tv come sottofondo, il canto di un gabbiano al quale Craxi ha però donato ben più che un paio di ali. Di Pietro è nascosto in qualche suggerimento, Giuliano Amato e tanti altri sono solo fogli, telefonate, ma rimangono dispersi nella nebulosità di un passato ancora irrisolto.
Difficoltà già viste ne “Il Divo” e in “Loro” di Paolo Sorrentino, regista però in grado, grazie al suo talento, di districarsi meglio nell’ambiguità, attraverso uno stile registico e dialoghi quantomeno originali.
Se Gianni Amelio voleva far apparire Craxi nella sua gravosa condizione di leader malato, spaventato dall’oblio ma allo stesso tempo uomo orgogliosamente combattivo, la mancanza dei suoi avversari resta un buco troppo grande da colmare con i compromessi, affidandosi alla buona memoria degli spettatori, rimarcando l’assenza con l’assenza.
Dalla fine del fascismo alla strategia del terrore, da tangentopoli a calciopoli, in Italia pagano sempre in pochi le colpe di un sistema accettato dalla maggioranza più o meno silenziosa, fino al suo naturale esaurimento: di questo nostro maledetto eterno ritorno Craxi è l’epitome politica più fresca ma anche la più complessa da inquadrare.
Succede così che il Craxi di Favino appare talvolta un criminale fattosi martire, talvolta un martire fattosi criminale.
La colpa di Hammamet è quella di non aggiungere alcun punto di vista ad una vicenda forse troppo complessa per il cinema, con spettatori sbilanciati nel loro giudizio da una vicinanza temporale che fa il paio con il suo essere ancora irrisolta per i libri della storia.
Una presunta epoca d’oro in cui collezionammo un terzo del debito pubblico attuale, distratti dalla “Milano da bere”, da Platini e Maradona, dalle soubrette nude, da nani che prendono il potere e, oggi ci fanno sentire più nostalgici e spaventati, bisognosi di un giudizio definitivo che questo film non riesce a dare.
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Foto: http://masterx.iulm.it/today/sala-riabilita-memoria-craxi