Il destino della sanità umbra: picconata dal PD, martellata dalla Lega
L’11 novembre 2019, dopo il trionfo alle elezioni regionali, si insediava in Umbria la giunta leghista guidata da Donatella Tesei.
Uno dei fortini elettorali storici della sinistra veniva conquistato da Matteo Salvini, appena disarcionato dal cavallo del Governo ma non per questo meno capace di attirare consensi, accogliere i delusi, sfruttare le debolezze endemiche degli avversari politici.
Per la prima volta, “l’analisi della sconfitta” tanto cara alle sinistre non si manifestava a causa degli evidenti motivi di un tracollo elettorale annunciato: la giunta di Catiuscia Marini, fortemente difesa dall’allora Segretario PD, Matteo Renzi, pochi mesi prima del voto era stata travolta dallo scandalo delle nomine sanitarie. Alla tempesta si aggiungeva l’insofferenza della “base” per le azioni di una politica incapace di offrire prospettive organiche a una terra dalle difficoltà occupazionali marcatamente diffuse e con un tasso di natalità da fondo classifica.
A quasi un anno dalla vittoria nulla sembra essere cambiato per gli umbri, se non fosse che il karma ha colpito una regione dove la sanità viene ancora percepita come cardine della democrazia, anche a motivo dell’elevata età media dei suoi abitanti, ed è stata il primo punto di rottura con l’elettorato tradizionale.
Dal momento in cui si sono insediati, i generali di Matteo Salvini stanno scavando nel comparto sanitario umbro, con colpi a effetto che risuonano ben oltre i confini, diventando spesso materia buona per il dibattito nazionale.
Donatella Tesei dapprima ha cercato – e fin quì ci è riuscita – a imporre il “ricovero lungo” per la pillola abortiva Ru 486, ribaltando le tre ore di day hospital deliberate dalla Marini, ponendo sul piano nazionale un problema sanitario ed etico che si risolve, in questo caso, con la maggiore difficoltà di ricorrere all’interruzione di gravidanza, in punta di diritto e tralasciando le implicazioni psicologiche di un gesto mai banale per la sua drammaticità.
A distanza di poche settimane, la giunta è tornata a mettere mano su una sanità pubblica già devastata da anni di tagli, con la scelta di eliminare il registro dei tumori, ovvero il centro di giovani ricercatori che gestisce l’annotazione scientifica delle malattie di una popolazione, con l’intento di monitorare focolai e criticità del territorio.
Se la promessa dell’assessore alla sanità, Luca Coletto, è quella di ricostituire tale realtà partendo dagli indirizzi della Direzione Generale – con la lungimiranza di chi distrugge casa senza averne una nuova – è pur vero che l’ultimo colpo di mannaia inferto alla ricerca segue un percorso già tracciato dalla squadra politica targata PD, capace di diminuire i finanziamenti per il registro dei tumori da 560 mila euro annui a poco più di 160 mila.
Ed è proprio a dinamiche come questa che le numerose, autorevoli riflessioni sull’ascesa e il trionfo dell’antipolitica dovrebbero guardare. Da destra a sinistra, tralasciando gli scandali giudiziari, negli ultimi anni si è ricorso al taglio (anche) sul diritto sanitario e sulla prevenzione, incattivendo una popolazione già alle prese con i problemi del lavoro, della capacità di spesa e dell’erosione del risparmio, inasprendo le differenze fra chi può permettersi un’assicurazione medica privata e chi bussa alla porta di ospedali sempre più piccoli, con la scusa di creare una rete “snella” e meno costosa per lo Stato.
L’Umbria è la terra dei santi: se l’intento è quello di chiudere gli occhi e tornare alla preghiera per curarsi basta essere chiari. Per ogni idiozia c’è sempre un elettorato di riferimento.
dì @GuidaLor
Foto https://pixabay.com/it/photos/chirurgia-ospedale-medico-3034133/
Il modello veneto si è raffinato in decenni di guida leghista.
In una brochure patinata Zaia, che ormai si avvia a essere il Putin del Veneto, elenca tra i suoi successi 10 anni di bilancio della sanità in attivo.
In questi anni la sanità veneta è stata tagliata a colpi di scure, la medicina di base e del territorio smantellate ecc.
Perché la sanità pubblica allora è in attivo?
E perché i veneti voteranno in massa per Zaia pur protestando e lagnandosi e quotidianamente, i suoi elettori per primi, del taglio delle prestazioni, delle liste d’attesa che arrivano all’anno e oltre, quando le prenotazioni non sono addirittura chiuse?
Io penso la mancanza di un’alternativa credibile. Il PD, la sinistra moderata in Veneto ha mal governato le città (fino alla disfatta di Venezia) e non ha attualmente una classe politica presentabile, neppure in nome del losco “voto utile”.
Il modello veneto si è raffinato in decenni di guida leghista.
In una brochure patinata Zaia, che ormai si avvia a essere il Putin del Veneto, elenca tra i suoi successi 10 anni di bilancio della sanità in attivo.
In questi anni la sanità veneta è stata tagliata a colpi di scure, la medicina di base e del territorio smantellate ecc.
Perché la sanità pubblica allora è in attivo?
E perché i veneti voteranno in massa per Zaia pur protestando e lagnandosi e quotidianamente, i suoi elettori per primi, del taglio delle prestazioni, delle liste d’attesa che arrivano all’anno e oltre, quando le prenotazioni non sono addirittura chiuse?
Io penso la mancanza di un’alternativa credibile. Il PD, la sinistra moderata in Veneto ha mal governato le città (fino alla disfatta di Venezia) e non ha attualmente una classe politica presentabile, neppure in nome del losco “voto utile”.