In caso di Apocalisse: intervista alla filosofa Giulia Bertotto
di @GuidaLor
“In caso di Apocalisse” di Giulia Bertotto, (edizioni Escamontage 2019) raccoglie 30 poesie e 15 aforismi che raccontano la fine di diversi mondi. Secondo l’autrice, filosofa e giornalista, “la fine del mondo” è sempre relativa a un ecosistema o a una specie vivente. È un attacco di panico per chi ne soffre, è la scoperta del Bosone di Higgs per la fisica classica, è la separazione tra un fungo e un batterio se sei un lichene, è l’ossigeno per una creatura anaerobica 2500 anni fa-
Lo spillover (salto o traboccamento) di un virus da una specie all’altra… Ma la fine del mondo non è mai fine della Vita. Eccoci allora alla vera accezione di Apocalisse, intesa come “rivelazione”, apertura del segreto immortale: la sostanza spirituale immutabile, perenne e immortale sotto il mutare delle forme materiali.
Giulia, quali sono le tue apocalissi?
“Parlo di Apocalissi di contesti ambientali e storici, ad esempio l’incendio di Notre Dame, o di quando mi hanno rubato la bici dei miei sogni: un episodio comune ma che insegna la vacuità delle cose e del possesso. Le apocalissi sono le distruzioni, l’Apocalisse è la serenità imperturbabile se viene accolta con questa concezione filosofica e mistica: nessuna fine del mondo è fine della Vita. Vorrei chiarire che questa raccolta poetica non parla di ecologia, o almeno non è il suo ultimo approdo. Il fatto che gli ecosistemi siano soggetti a ricambio e la vita biologica capace di nuovi adattamenti è solo un primo strato del libro, che apre a quella che è un’intuizione spirituale e un insegnamento universale: la Vita come essenza pre-cosmica non si può estinguere”.
Sull’immagine in copertina cosa puoi dirmi? Perchè il lichene, una creatura eterotrofa che per sopravvivere ha attuato la strategia della simbiosi, con un patto evolutivo tra un fungo e un batterio.
L’ho scelta perché in questa raccolta metaforizzo molto i vissuti emotivi e psichici attraverso le scienze, la fisica, la zoologia, la botanica, la biologia…questa creatura metforizza la simbiosi dell’amore materno e della passione nell’innamoramento.
E poi perché ha l’aspetto di una forma di vita apocalittica cioè che sembra iniziale o finale, che appare così fluida, ancora in costruzione o in dissoluzione rispetto alla nostra anatomia di mammiferi. Infatti appena la sia guarda non è chiaro se siano cellule che si sdoppiano quando si forma un embrione o se si tratta di un reduce da una catastrofe”.
Le tue poesie sono brevi, come uno scatto di fotografia in qualche modo…
“Nonostante la mia formazione filosofica, che può far pensare ad una scrittura argomentata, le mie poesie sono come un temporale: le sento come dei tuoni, le scrivo in un lampo. Credo che la poesia colga delle essenze, come fa la filosofia. Non esalto infatti l’idea moderna del dubbio filosofico, credo che la filosofia sia più cogliere radici ontologiche”
Perché sarebbero attuali?
“Noi viviamo in un epoca di sentimento millenaristico però secolarizzato, ci sentiamo in colpa per l’ambiente ma in senso ecologico e ambientalistico non con un senso del Creato. Viviamo in un tempo di minaccia apocalittica per l’uomo. Ogni giorno sentiamo dire che l’Amazzonia brucia, la plastica penetra nella catena alimentare e soffoca i mari, i ghiacciai si sciolgono e le temperature in aumento causano migrazioni e faranno scoppiare guerre. E’ qualcosa di spaventoso ma anche affascinante, ne avvertiamo il fermento. Il fermento dell’apocalisse è dato dall’avvicinarsi verso la verità delle cose più che dalla paura della loro fine”.
Lo scrittore e poeta Biagio Propato descrive così la sua poetica “Combinazioni lessicali insolite, non propriamente in sintonia con la poesia tradizionale” mentre la filosofa e scrittrice Maria Giovanna Farina ha detto “Non è una scrittura appresa da altri poeti ma una personale scrittura poetico-filosofica”.
Sui contenuti Propato: “L’autrice di In caso di apocalisse, si interroga, si sorprende, si stupisce, nell’osservare le piccole storie quotidiane, le catastrofi nucleari provocate dall’uomo, che generano ibridi, distruzioni, mostri, tutte le dinamiche incomprensibili, imponderabili, che regolano la vita dell’universo, e trasmette continuamente agli altri questo stupore con delle chiose veramente incredibili, altamente ironiche, degne della poetessa polacca Szymborska, come nella breve poesia ‘Chernobyl'”
Un agnello a sei zampe
un asino a due facce
una rondine senza coda…
e fa ancora primavera