Intervista Capitale a @CabrasAntonio : un talento del fumetto

1. Carissimo @CabrasAntonio , ci spieghi chi è Antonio Cabras?

Uno che ha vissuto molte vite e che, forse, non le ha spese ancora tutte.

Passata l’adolescenza a fare fumetti ho interrotto a causa della facoltà di ingegneria, che ho trascurato per fare il musicista. Dopodiché, volendo entrare in polizia, mi sono iscritto a giurisprudenza. Presto fatto, abbandonai l’idea di fare il militare: non avevo voglia di tagliarmi i capelli.

Nel frattempo, però, mi ero laureato in legge. Fu durante la pratica legale che l’avvocato titolare dello studio, vedendo il ritratto che avevo fatto per un’amica, mi disse “Tu sai fare queste cose qua e ti vuoi rovinare la vita a fare l’avvocato?” Fu la svolta.

 

2. Lasciare una professione sicura per seguire la propria passione: lo consiglieresti anche ad altre persone?

Assolutamente sì, anche perché, ciò che era sicuro fino ad appena 10 anni fa, oggi non lo è più.

La vita è troppo breve per fare un lavoro che ci uccide lentamente, per dirla come i Radiohead.

 

 

3. Quali sono i tuoi artisti di riferimento?

Ho una formazione piuttosto… variegata.

Mi appassionai al fumetto partendo dai Braccio di Ferro Edizioni Bianconi e (ovviamente) con Topolino. L’imprinting comico – sadico arrivò con il mai troppo compianto Bonvi (quello di Sturmtruppen) e Lupo Alberto di Silver. In mezzo, tutti i cartoni giapponesi che era possibile vedere in una giornata.Il frutto di tutto questo è un discreto caos, uno stile Disney – Bonvi – Lupin III….piuttosto esilarante a pensarci.

Ultimamente, mi sono appassionato ai fumetti belgi, scoprendo un mondo stupendo.
Franquin era un genio assoluto.

 


 

4. Il più grande fumettista italiano?

Domanda complicata. In Italia ci sono decine di disegnatori assolutamente geniali. Ma, per tutto ciò che ha fatto in 50 anni di carriera, per le innovazioni apportate al fumetto, per la sua carica anarchica e per il tratto perfetto e sublime che ha costretto tutti gli altri ad inseguire, direi che il più grande di tutti è proprio il disneyano Giorgio Cavazzano.

 

5. Lo stile di un vignettista è qualcosa di innato?

Assolutamente no. È un divenire continuo, che in perenne evoluzione. Io mi sono sempre dannato l’anima perché sapevo di non avere uno stile definito. Recentemente ho avuto l’illuminazione: posso anche cambiare stile in continuazione, a seconda del contesto e dell’argomento, e nessuno ci avrebbe fatto caso. Finora è andata così, anzi c’è chi apprezza il mio “stile libero”, cioè il cambiare sempre formato, tecnica e narrazione.

 

 

6. Fra satira e fumetti diciamolo piano piano, sottovoce, alla Marzullo: con il Governo Gialloverde c’era più materiale sul quale lavorare?

Scherzi? C’era tanto materiale e tanto dirompente che, se avessi potuto fare solo quello, avrei prodotto almeno cinque vignette al giorno! Qualche volta ci sono andato vicino, arrivando a tre vignette nell’arco di otto ore.

Ora invece, questo dannato “aplomb” contiano, assieme al ritorno del narcolettico PD e all’uscita di scena del Truce, ha sedato le intemperanze. Forse meglio per il paese ma, indubbiamente, peggio per la satira!

 


 

7. Qual è il personaggio che ti ha dato più soddisfazioni da quando hai iniziato?

Non c’è storia: Salvimaio (li ho sempre considerati come un’entità unica e indivisibile) era una miniera d’oro inesauribile: era uno spasso farli battibeccare nelle vignette.
So che molti autori avrebbero risposto Toninelli, effettivamente un personaggio micidiale, a metà fra Pippo e Will Coyote, ma io non l’ho mai “considerato” molto. Era un bersaglio troppo facile.
Invece quei due, roboanti e sussiegosi nella loro quotidiana prosopopea, si sono meritati fin da subito il mio amore.

8. Credi che il mondo del fumetto sia realmente democratico, oppure la posizione di vantaggio dei più noti può essere un problema per chi vuole emergere?

Credo che il regime attuale, da quando il veicolo di divulgazione principale sono i social media, sia improntato ad una forma di democrazia plebiscitaria. Questo è un grande vantaggio per gli emergenti: chi ha buone idee o chiaro talento riceve un immediato riscontro in termini di likes o condivisioni che non di rado è il primo passo per una carriera vera e propria.

Disegnatori ormai popolari come Labadessa, o Don Alemanno, e molti altri, hanno creato il loro seguito sui social, in barba ai “volti noti”, alle major, alle accademie di belle arti, e ciò è cosa buona e giusta.

9. Ci è giunta voce che tu stia lavorando ad un vero e proprio fumetto: ci puoi svelare qualcosa?

Se becco il delatore lo stronco… Ah sono io?
Beh, da appassionato fanatico d’auto d’epoca, quello sarà il tema “sullo sfondo”. Dall’epoca dei mitici fumetti di Michel Valliant, l’argomento motoristico non è mai stato più ripreso da nessun disegnatore. In pratica, ho … un’autostrada a disposizione.

10. Altri progetti per il futuro?

Non mi sono mai dato limiti e tendo sempre a fantasticare in grande: scrivere un libro, girare una serie a cartoni o addirittura un film.
Ho tante, troppe passioni che fanno a cazzotti fra loro.
Nel frattempo, devo decidermi a restaurare la mia Fiat 500 del ’72 che, dopo 20 anni di scorribande, giace semismontata nel mio garage…

 


Grazie Antonio! 

 

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