Senza l’impegno di Cina e Usa la sostenibilità è una bella favola
Spadaccini dell’ambiente, ciclisti della prima ora e fobici della plastica affermano il banale: con questo modello di produzione e consumo non si può andare avanti. Già, impossibile dargli torto, anche se ti chiami Putin o Trump.
Ciò detto, l’insostenibilità del nostro cambiamento ruota su tre piani, connessi fra di loro si, ma dentro un sistema piramidale: un piano politico globale, uno economico e uno individuale.
Nella vecchia Europa, spalleggiata da un mercato che si rigenera anche grazie alla spinta della sostenibilità, siamo stati abituati a pensare come l’ultimo punto, quello individuale, sia il più importante; la chiave di volta per tutelare l’ambiente. Purtroppo, però, ciò che davvero conta viaggia ben sopra le nostre teste ed intenzioni.
Per salvare il pianeta, stante lo stringente lasso di tempo a disposizione, c’è bisogno di un definitivo, serio accordo sul piano politico globale, oggi più che mai lontano nell’intreccio degli interessi nazionali.
Non volete crederci? Pensate che la vostra borraccia di alluminio sia determinante? Guardate questo grafico sulla produzione di Co2 mondiale nel 2017, consultabile al link di seguito https://ourworldindata.org/grapher/annual-co2-emissions-per-country?tab=chart
La Cina nel 2017 ha prodotto oltre 9 bilioni di tonnellate di Co2, con tendenza al rialzo. Gli USA 5.31, con tendenza al ribasso. La zona UE, 3.54 bilioni. In fortissima crescita l’inquinamento provocato dall’India, arrivato a 2.47 bilioni di tonnellate e dal Brasile, economie emergenti e Stati cuscinetto per le nostre multinazionali, libere da ogni laccio e controllo governativo.
L’ultimo incontro internazionale per l’ambiente – la Cop 25 – è fallito per il rifiuto di Cina e dell’India, oltre che per l’autoesclusione degli USA. Stessa sorte dovrebbe toccare alla prossima Cop 26 in Inghilterra, che si terrà nel corso del 2020. E Greta – ma non solo – piange.
Scendendo dai massimi vertici politici sul piano intermedio e concreto delle attività produttive attuali, la sostenibilità ha – tutt’oggi – un costo per le aziende scarsamente supportato dai Governi europei, in particolare dal nostro.
I 21 miliardi di euro stanziati nella Legge di Bilancio, saranno spalmati su 15 anni ed avranno la solita, lunghissima trafila burocratica. Un green new deal inutile – così com’è – secondo Calenda e pochi altri attori della nostra politica che hanno dimostrato di sapere intervenire sui temi ambientali.
Dunque che fare? Continuare a sperare, finalmente consapevoli dell’insostenibilità del nostro stile di vita, che non sarà certo la borraccia in alluminio ad alleggerire.
Per ogni bicchierino di plastica non consumato c’è infatti un traffico aereo sempre più intenso, capace di incidere sull’inquinamento mondiale per il 2% (Sole 24 Ore). Vogliamo smettere di viaggiare? Pensiamo di compensare con un giro in bici?
Per continuare con qualche esempio della nostra contradditorietà, basti guardare dentro le ricette di ogni dieta miracolosa, dove si elencano sempre più prodotti lontani dall’essere a km0, il cui trasporto e produzione intacca ogni processo di sostenibilità sventolata.
L’avocado non cresce sulla Tiburtina, men che mai la Papaya, anche se gli sforzi per produrla nel Sud Italia siano lodevoli. Gli asparagi Peruviani costano meno di quelli nostrani. Eppure i supermercati sono pieni di queste mercanzie, e gli scaffali vengono svuotati in fretta sull’altare di un bilancio familiare bisognoso di limature.
Un problema globale come quello del cambiamento climatico si risolve dall’alto. Soltanto una volta introiettato seriamente questo concetto si concentreranno veramente sforzi utili per convincere i leader mondiali della necessità di un accordo.
Il resto è buona educazione civica, ottime intenzioni, fuffa che non risolve 9 bilioni di tonnellate di Co2.
Segui su facebook e twitter @ifatticapitali
Per contatti ed invio contributi postmaster@ifatticapitali.it
foto: https://pixabay.com/it/photos/l-ora-della-terra-energia-pianeta-4817028/