La cassa disintegrazione e i furbetti dell’impresa




 

Nel caos della cassa integrazione, all’interno di errori madornali commessi dal Governo e dall’Inps, con la copertura della stampa mainstream e di un Paese che erode il risparmio distratto dalle vacanze, si inserisce un dato di rilievo che le quattro righe di un giornalismo compiacente e attacato al seno della pubblicitá non ha ben evidenziato: in questi mesi 240 mila imprese hanno usufruito della CIG continuando a far lavorare i propri dipendenti.

Un dato che dovrebbe far saltare dalla sedia i sempre piangenti vertici di Confindustria e delle tante sigle perennemente insoddisfatte dei sostegni a vantaggio delle imprese. Un vero e proprio aiuto improprio da parte dello Stato che fará sicuramente storcere il naso all’Europa, dalla quale vogliamo sempre denari sulla fiducia, salvo tradirla piú o meno costantemente.

Se il PIL crolla e la disoccupazione aumenta, l’escamotage trovato dalle imprese – giá palese prima degli studi ufficiali- rende la prossima cassa integrazione piú stringente ma non meno inutile nell’ambito di un sistema produttivo prossimo al collasso.

 

Gli errori commessi sono riconducibili al ritardo tecnologico che le PMI italiane tacciono continuamente, nell’imbarazzo di vecchi bottegai alle prese con l’innovazione alla quale hanno sbattuto la porta in faccia a negli anni 90, e che ora li travolge passando ovunque come uno tsunami, nel complesso sistema della globalizzazione.

 



 

La festa è finita? Nemmeno per sogno: per perdere il diritto alla cassa le aziende dovrebbero accusare una perdita di fatturato inferiore al 20% rispetto allo stesso periodo del 2019: niente di troppo complicato se si pensa che ufficialmente da febbraio la maggior parte delle PMI ha chiuso i battenti per la pandemia. In attesa del decreto dei prossimi giorni che fisserà i nuovi paletti, il silenzio assenso trova tutti contenti, esclusi i dipendenti ai quali si dice “o mangi la finestra o salti dalla finestra” perchè c’è la “crisi”, ovvero lo stato dell’essere di questo Paese da ormai 30 anni.

 

La cassa disintegrazione del sistema cosí continuerá, nonostante presunti incentivi alla rinuncia ben poco allettanti se messi in parallelo alla crescita dei contagi e al rischio di una seconda ondata.

Fra scostamenti di bilancio, piú debito pubblico, una trentina di miliardi di sussidi e 200 da prendere in prestito, la barca Italia continua il suo viaggio verso gli scogli cantando l’ultima hit estiva.
Auguri.

 




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