Le nostre case valgono sempre meno (-23.7% dal 2010). Perché?

Il valore delle abitazioni italiane  è in costante declino da oltre un decennio (-23.7% dati Istat).

Considerando la notizia come punto di partenza per analizzare la realtà  – e non come punto d’arrivo per conformare facilmente il circostante – cerchiamo di capire il motivo di tale deprezzamento, senza ricorrere alla dicotomia da stadio che caratterizza ogni tema in Italia.

Riassumiamo i motivi del crollo del valore immobiliare italiano in questi punti:

  • cambiamento sociale che ha sposato l’economia dai piccoli centri urbani (sempre più svuotati) verso la città, deprezzando fortemente “le vecchie proprietà”.
  • la patrimoniale sugli immobili (valore 21 miliardi di euro annui) che abbatte l’appetibilità del prodotto immobiliare sul mercato.
  • nelle grandi città è avvenuta una distorsione del modello domanda/offerta; laddove si è costruito troppo in relazione al numero di abitanti, si è venuta a creare una “bolla”.
  • l’età avanzata di molti immobili che nel calcolo del prezzo di mercato pagano lo scotto di una necessaria ed imminenente ristrutturazione.
  • l’andamento generale dell’economia negli ultimi 10-12 anni.

 




DATI ISTAT

Il numero delle compravendite, spinto dal basso costo di mutui e liquidità, secondo Istat registra  “un contesto di crescita persistente dei volumi, pari al+8,8%” (incremento tendenziale registrato per il primo trimestre del 2019 dall’Osservatorio del Mercato Immobiliare dell’Agenzia delle Entrate per il settore residenziale).

A fronte di questo dato, l’Istat afferma che i prezzi delle abitazioni esistenti  registrano una variazione negativa pari a -1,3% (era -0,7% nel trimestre precedente). I prezzi delle abitazioni nuove, invece, aumentano su base tendenziale dell’1,7% mostrando un’accelerazione rispetto al +0,6% del quarto trimestre del 2018. “

 

Usciamo adesso dalla stretta attualità: negli ultimi dieci anni, i prezzi medi delle case italiane sono in picchiata (-23,7%).  Perchè?

 



 

IL CROLLO DEI PREZZI DELLE CASE ESISTENTI, CAUSATO (ANCHE) DAI CAMBIAMENTI SOCIALI.

 

Il Presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa – ricordando che tale problema riguarda più l’Italia che non gli altri Paesi europei –  vede nella patrimoniale sugli immobili – da 21 miliardi di euro l’anno – il colpevole di una svalutazione evidente su tutto il territorio, con alcune differenze regionali di importante rilevanza. La tesi di Spaziani Testa è spalleggiata da realtà politiche come Fratelli D’Italia, Forza Italia e, non da ultima, la Lega di Salvini.

Da questa teoria – che ci trova solo parzialmente d’accordo –  prendiamo spunto per sottolineare, con le stesse parole di Spaziani Testa, l’importaza della svalutazione a carattere regionale, che entra nel computo totale dei prezzi, abbattendo la statistica generale.

La maggior parte delle abitazioni esistenti in Italia si trova nel tessuto “extraurbano”, eredità di un passato contadino in cui i piccoli centri abitati erano al centro dell’economia. Oggi, lontani dalle città, i Paesi non offrono più lavoro e sono abitati  in maggioranza da over 60:  ciò ha fatto si che interi Paesi si siano svuotati di abitanti, arricchendosi  di cartelli “vendesi” e proprietà che ogni anno perdono appeal insieme al loro valore di mercato.

 



 

Nel caso in cui aveste voglia e tempo di appagare la curiosità, al link che segue, troverete gli andamenti del mercato immobiliare italiano. Indovinate? I prezzi per la vendita degli appartamenti in zone con tasso di disoccupazione ed età media più alta crollano, mentre quelle vicino alle città si mantengono stabili o in crescita. (https://www.immobiliare.it/mercato-immobiliare/).

Da uno studio – a cadenza biennale – che potete trovare su internet, “GLI IMMOBILI IN ITALIA – 2017”, si rileva che il 77,4% delle famiglie in Italia risulta proprietario dell’abitazione in cui risiede (ipotizzando che ad ogni abitazione principale corrisponda una famiglia). Questo dato è sensibilmente più elevato al Sud (82,9%), prossimo al dato nazionale al Nord (75,3%), mentre è più basso al Centro (il 73,9%).  Risulta interessante, infine, evidenziare che la quota di abitazioni non destinata alla residenza di famiglie (differenza tra numero di abitazioni e numero di famiglie sul totale delle abitazioni) è circa il 19% al Centro, il 23,4% al Nord e supera il 32% al Sud. Come già osservato nelle precedenti edizioni, è molto probabile che ciò derivi sia dalla presenza di un numero maggiore di «seconde case» per villeggiatura al Sud e nelle Isole, sia dal verificarsi di più accentuati fenomeni di spopolamento (migrazione interna) nelle aree depresse.

 



 

Spostando il focus dall’extraurbano all’urbano, ciò che si sta verificando è uno svuotamento dei centri città, in favore delle sempre più estese periferie.

Da Milano a Roma, da Genova a Torino,  anche le case nelle zone semi centrali stanno perdendo valore, seppur in misura minore, a causa di una economia che non gira abbastanza, di un lavoro precario, e una quantità di case già ampiamente superiore al numero di abitanti.

 

Nelle grandi città si è voluto costruire troppo, distorcendo il mercato: la domanda/offerta si è sbilanciata in modo sensibile per non trovare riflesso nell’andamento dei prezzi.

SOLUZIONI ?

 

Soluzioni? Al momento le agevolazioni per la ristrutturazione sembrano poter essere solo un palliativo

Il problema dei prezzi delle case in Italia è destinato a farsi sentire sempre più: le tasse non diminuiscono, lo strappo interno al Paese concentra sempre più economia e lavoro in poche aree industrializzate, lasciando che il resto cada in malora, con la speranza che sia parzialmente assorbito dal turismo.

 

 

Foto: https://pixabay.com/it/photos/vicolo-strada-medioevo-ivy-1690053/

Per contatti ed invio contributi: postamaster@ifatticapitali.it

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