Le verità prime: da Wuhan alla fine dello Smart Working
Durante i lunghi sedici mesi di una crisi pandemica senza precedenti, l’Occidente guidato dal faro della scienza e (quasi) libero dai suoi millenari dogmi religiosi, si è scoperto fragile e diviso nella ricerca della verità o, più semplicemente, nell’accettazione della stessa.
Dai dubbi sugli albori del Covid19 nel laboratorio di Wuhan, all’efficacia del vaccino; dalla crisi dello Smart Working a quella occupazionale, teorie che spesso fanno adepti e non sostenitori, stanno trovando soluzione nell’attualità più stringente.
Le verità prime, nonché le più semplici, rischiano dunque di essere anche ultime e definitive.
IL COVID A WUHAN
Secondo il Direttore dell’Istituto Nazionale di malattie infettive e consigliere della Casa Bianca sul Covid, Anthony Fauci, l’origine naturale del virus che ha sconvolto il mondo non è poi così certa.
Anzi, la teoria dell’improvviso salto di specie non lo convince affatto.
Lo stesso dubbio di Fauci investe anche venti fra i più autorevoli scienziati al mondo, firmatari di un articolo apparso sulla prestigiosa rivista “Science”, con un appello per svolgere ulteriori indagini sul laboratorio dei misteri.
Congedato Trump e il suo dito puntato contro il Dragone, ciò che veniva associato a una politica aggressiva si è improvvisamente trasformato in dubbio lecito.
In questo senso, lasciando le complesse dinamiche della politica d’oltreoceano e scorrendo l’archivio nazionale, torna alla mente l’arcinoto servizio Rai Leonardo sugli esperimenti cinesi, già bollato come fantasia per creduloni nella primavera del 2020.
Ma al di là delle -spesso patetiche- cronache nostrane, ciò che conta è la verità sulle origini del virus, la prima delle quali oggi rischia di essere anche l’ultima: nonostante i banchetti di pipistrelli e i barbecue al filetto di mostro, i casi accertati già nell’autunno del 2019 a Wuahn, portano nella direzione di una storia sbagliata – più che sfortunata – come ipotizzato nei primi mesi della pandemia.
OH, VAX!
Sottoporre a una vaccinazione di massa la popolazione occidentale -da non confondere con quella mondiale, nonostante il crescente etnocentrismo ereditato dai cugini a stelle e strisce- essendoci basati su test più veloci di Hamilton a Suzuka, ha segnato una spaccatura insanabile fra parte della società e gli esponenti di un mondo scientifico osannato fintanto che la paura è stata fedele compagna di ogni più semplice gesto nella vita quotidiana.
Molte delle angosce attorno ai vaccini sembrano essere fortunatamente risolte negli eccellenti risultati raggiunti fin quì, pur tenuto conto di un ribasso assai generoso sul tasso delle cosiddette reazioni avverse, in ogni caso accettabile nell’ottica del calcolo rischio-beneficio che già fu di toninelliana memoria.
La verità prima si è dimostrata anche in questo caso ultima: “i vaccini contengono le pandemie”, purché non si cerchi sempre il doppio senso.
LO SMARTWORKING ALLA FRUTTA
Quanto succede attorno allo smart working e alle sue numerose declinazioni è il film già visto di un capitalismo che sopravvive grazie alla giostra di meccanismi perversi attorno alla quale gira, regolando una società ben lontana dalle favolistiche narrazioni lette in questi mesi.
Le multinazionali tentacolari e dai molteplici interessi preparano ogni oltre ragionevole dubbio il ritorno in ufficio per milioni di lavoratori: perchè lo smart working azzoppa l’immobiliare, riduce i consumi, fa male al capitale.
E così sia, la verità prima dei pessimisti anche in questo caso sarà l’ultima: lo smart working, già sogno per pochi, verrà ridimensionato alla faccia del benessere del dipendente e della produttività in aumento.
Fantozzi tornerà a palesarsi anche in Italia, dove, a dire il vero, non è mai andato via.
E se nessuno piange è solo perché il ventre molle dello Stato, quella PA oblunga e sfasciata che popola i Ministeri e gli enti, si è vista recapitare una mancetta niente male considerati i tempi e ciò che muove fuori dai rigidi tornelli dei palazzi delle istituzioni.
Quanto agli altri lavoratori, in special modo quelli delle microimprese, non c’è pericolo: così dispersi da non fare massa ma solo pietà, esageratamente soli dopo la morte di babbo sindacato e mamma sinistra, donna affascinata da qualsiasi giacca e cravatta, purché indossata in maniera trasandata.
GIOVENTU’ BRUCIATA (ANCHE QUELLA BRIZZOLATA)
<Io non ammetto la gioventù, sono tutti proclami>
Prendo a prestito le parole di F. Dostoevskij e le firmo a pieno titolo in qualità di ex giovane, oggi forse uomo, all’interno di una società sempre più difficile da classificare, dove i calvi stanno ancora con mamy e i nonni vanno in discoteca con le ventenni; i comunisti vorrebbero l’utero in affitto ma le case occupate; i gay si trovano indecisi su quale appellativo sia migliore per chiamarli mentre il Papa non parla più di Cristo e Cristo risulta più attivo in politica che non dentro la Chiesa. Ma stiamo andando fuori tema.
Tornando a noi, succede che Italia la retorica attorno ai giovani abbia ampiamente superato quella sulla pace nel mondo, perdendo ogni significato rispetto alla reale portata del tema, nel conformismo delle sue frasi fatte, nei passaggi doverosi all’interno dei discorsi ufficiali, nel sostanziale immobilismo politico dal 1994 in poi.
La pandemia è stato il meccanismo capace di far alzare il sipario su un teatro Italia nel quale più dei diciottenni, a trovarsi in mezzo ai guai -e al guado- sono finiti i figli di Bettino Craxi e degli anni 80′-90′, passati per due crisi economiche globali e una formazione scolastica totalmente inadatta ai rapidi cambiamenti di un mondo in quinta marcia costante.
Paradosso che tutti conoscono da tempo, verità prima che nonostante i proclami si confermerà anche in questo caso ultima, con la fine del blocco licenziamenti la bolla dei maturotti, né giovani né vecchi, si gonfierà fino a presentare il conto di una massa rimasta “per strada” dalla mattina alla sera.
E se nel bel Paese non si fanno più figli, certo la colpa sarà pure dei diciottenni che giocano ancora alla Play in cameretta, ma forse, vista l’epoca storica, prima dei coccolati pargoli nutriti a suon di erosione economica, sarebbe bene concentrarsi sul resto della popolazione fra i 25 e i 40, la stessa che vive da due decenni situazioni di precarietà, disoccupazione, salari da fame, rimborsi spese, promesse, pagherò.
FISCHIO FINALE
Sarà che le verità prime – spesso le più semplici – tornano a galla mentre le retoriche affondano.
Sarà che in quest’epoca futurista, popolata non più solo dalle macchine ma anche dal pensiero veloce, tutto passa e si dimentica.
Sarà che la vita è tutto un cerchio, e se parti da un punto, molto spesso, torni allo stesso dopo un lungo giro, troppe chiacchiere, qualche sorpresa, numerose delusioni.
Sarà che era già tutto previsto.
Da qualcuno…..