L’intelligenza di un Virus
dì Giovanni Liberato
Autore de “La Via Celeste” edito da Mondonuovo (Twitter @Edizioni_n)
Nel ricordo, la tempesta virale silenzia ancora le campane di una intera domenica al contrario. Sia chiaro: legittimo fu il lockdown e un bene fu la sua attuazione che evitò la catastrofe.
Cos’è un virus? Il termine è latino (e almeno voi italiani non pronunciate “vairus”), indica un intruglio venefico e in generale il fetore, legati sostanzialmente nell’immagine d’un nocumento evidente, la cui storia filologica è ben conservata nel francese “poison” (veleno e pozione). Se i dizionari hanno un linguaggio che soddisfa la nostra curiosità, la definizione scientifica è meno ferma nell’inquadratura, perché questo “essere” non è ben chiaro se sia vivente o non vivente: si replica ma non ha metabolismo, muta ma non evolve.
Cos’è la vita? La definizione meramente operativa dell’Istituto di Astrobiologia della Nasa suggerisce che la vita è un sistema autonomo capace di evoluzione darwiniana (self-sustaining system capable of darwinian evolution); purtroppo, l’ampio spettro della formula non si staglia alla perfezione sui microscopici protagonisti dei nostri giorni. Vivente o meno, il virus è di per sé un confine tra organico e inorganico: esso ha una sua intelligenza che gli è data. Nella nostra epoca, ciò che è virus è dunque un male variamente aggressivo.
Può un male causare un bene? Secondo Roberto Calasso, «Se l’ordine stesso viene giudicato malvagio, il virus che lo neutralizza diventa l’arma dei buoni. E potrà ugualmente fare capo a un nome o a un’entità anonima». Sempre secondo il grande scrittore fiorentino, l’hacking di un hacker è un’azione preordinata alla frantumazione e alla ricomposizione di una forma, nettamente distinta dalla pirateria che è mera azione predatoria. Questo suo dire è doppiamente interessante, e lo leggo su un piano che trascende l’informatica e si inerpica sulle vette anagogiche di ciò che accade attraverso gli eventi. Mi domando: «L’esser-così delle cose in quanto entità anonima, è il destino incondizionato oppure è il dominio del potere terreno umano?», in altri termini: «Pandemia come accidente “naturale” o come fenomeno umano in “colpa” o “dolo”?», «Natura o imperium?», e ancor più profondamente: «Ordine o caos?».
Sappiamo che gli scienziati manipolano gli agenti patogeni per sperimentare vaccini o terapie: l’intero processo è definito “guadagno di funzione” (gain-of-function), e mi meraviglio di chi si meraviglia di questo agire. Il salto di specie di un patogeno dall’animale all’uomo si dice zoonosi (spillover in inglese), ed è un fenomeno destinato a succedere di nuovo.
Certo, gli umani vivono il presente e fanno eternamente fatica ad ascoltare Cassandra, anche se la preveggenza viene ora dagli scienziati.
Sotto confinamento, fece scalpore il servizio del 2015 di Tg Leonardo sulle ingegnerizzazioni in corso allora nei laboratori di Wuhan. Ovviamente nulla c’entrava il nostro Covid-19, e la riproposizione del video fu utile per alimentare polemiche funzionali a eclissare ogni seria discussione sull’eticità dei comportamenti umani. In splendido tempismo, l’ottobre 2019 vedeva i Giochi Mondiali Militari di Wuhan quale indizio ulteriore della perfezione dell’anonimia. Ogni ulteriore questione, sic placitum, rimarrà debitamente insepolta, com’è giusto che sia per non causare ulteriori rovine.
Ciò che è concretamente un danno per l’uomo, lo impariamo sin da piccoli quando i genitori usano il greco “kakòn” per insegnare “ciò che è male” (“cacca!”); ma facile da riconoscere è il pericolo concreto, non l’astrazione dello stesso. Infatti, «Perché mi chiami buono?» è il rimbrotto del Cristo al giovane ricco; retoricamente, Egli afferma l’inestricabilità della domanda: «Nessuno è buono, tranne uno solo, che è Dio» (Mc, X, 18). Il libero arbitrio fonda così il suo regno nell’ignoranza del destino e nel connubio tra la rivelazione di Gerusalemme e la filosofia di Atene (nelle vesti di Oriente e Occidente), poiché il tutto è riconducibile all’Altissimo e alla sua misericordia.
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