“L’orto fascista” dì Ernesto Masina
1943: l’occupazione tedesca è arrivata sino a Breno, paese dell’alta Valcamonica.
In occasione dell’inaugurazione dell’ “Orto Fascista”, elevato a simbolo della grandezza del Regime, i piccoli gerarchi di paese si mettono in mostra con la loro ridicola smania di esibizionismo.
Nel paese si muovono i personaggi di una tragicommedia: il farmacista incallito donnaiolo; il parroco affetto da satiriasi; il suo coadiutore: un vecchio sant’uomo devoto solo a Dio ed al suo parroco; la maestra compiacente verso i gerarchi fascisti per favorire la carriera del marito; i bambini e tanti altri strani personaggi.
Un gruppo di paesani si uniscono per compiere un attentato: far saltare in aria la vettura che i tedeschi usano nei loro veloci spostamenti tenendo sotto controllo tutta la valle. Vorrebbe essere quasi una goliardata ma purtroppo ci scappa il morto….
La scrittura è leggera e coinvolgente, capace di descrivere efficacemente gli aspetti tragici come quelli più lievi con accenni di commedia leggera che in qualche caso sfiora la pochade.
Il finale è sorprendente ed emblematico. Si avverte il recupero di una umanità che si credeva scomparsa ed il presagio della fine della follia nazista.
Una tragicommedia, si. Piuttosto tragico. E le sue conseguenze ci sono ancora oggi in una Italia che stenta a consolidarsi come democrazia.