Negli USA 158.000 “morti per disperazione”
I mali di un capitalismo sempre più in difficoltà nell’assicurare la tenuta sociale attraverso il modello economico sfibrato dopo i decenni d’oro post guerra, si traducono per la prima volta in uno studio denominato “Deaths of Despair and the Future of Capitalism”, realizzato dal premio Nobel per l’economia Angus Deaton insieme alla Prof.ssa Anne Case.
La ricerca registra come negli States, solo nel 2017, 158.000 persone siano morte fra suicidi, overdose o malattie correlate all’abuso di alcol.
“I morti per disperazione” sono il sintomo di una comunità che ha fatto perdere all’individuo il suo senso sociale, precarizzando il lavoro e i rapporti. Per questa via, Angus Deaton punta letteralmente il dito contro “una società che non riesce più a offrire ai suoi membri un ambiente nel quale essi possano vivere una vita dotata di senso”.
Con un linguaggio che inevitabilmente si rifa al glossario medico relativo all’attuale pandemia, Deaton paragona tale dinamica a una “epidemia selettiva” nella quale sono maggiormente coinvolte le persone con un basso livello di scolarizzazione e quelle delle middle class, pesantemente colpita sul piano economico nell’ultimo decennio.
Lo studio, rivelatore di una società iniqua nonostante le proiezioni da sogno nelle vite dei miliardari, suona come campanello d’allarme anche per l’Europa, inevitabilmente legata a doppio filo alle tendenze provenienti da ovest, per un continente plasmato, fin dal primo dopoguerra, attraverso un modello economico e sociale simile, seppur non identico, a quello americano.
Guardando alle statistiche relative al solo suicidio, l’Italia risulta una delle nazioni dove ci si abbandona meno all’atto estremo rispetto agli altri paesi europei, seppure l’abuso di alcol e droghe pesanti, soprattutto fra i più giovani, sia in aumento da un decennio, insieme alle ludopatie e alle depressioni.
dì @GuidaLor
Segui su Facebook e Twitter @ifatticapitali
foto https://pixabay.com/it/photos/america-stati-uniti-bandiera-3005258/