Marongiu: l’urgenza di trasmettere la cultura dell’innovazione
dì @GuidaLor
Nella prima parte dell’intervista a Paolo Ignazio Marongiu, (Twitter @PaoloIgna1), abbiamo parlato della sua Sardegna fra passato, presente e futuro, nella necessità di portare lavoro e un modello di sviluppo che sia indipendente dal turismo.
In questo secondo incontro, Paolo mi parla della diffusione della cultura digitale e della sana e costruttiva informazione sul web.
Caro Paolo, collabori alla rivista digitalic.it, magazine che si occupa del mondo dell’innovazione, con l’obiettivo di far capire la centralità delle tecnologie digitali e delle persone che le producono. Quali sono le maggiori difficoltà nella divulgazione di un settore spesso sconosciuto dal grande pubblico, tanto nelle sue dinamiche, quanto nel vocabolario utilizzato?
Da qualche anno con Digitalic collaboro su twitter per i live tweeting di eventi che hanno l’ambizione di rendere più “palatabili” alle imprese italiane e al grande pubblico argomenti che riguardono la tecnologia e l’innovazione applicata .
Le difficoltà sono date dalla natura degli argomenti che sono oggettivamente difficili da semplificare e dalla scarsa cultura in Italia riguardo ai temi dell’innovazione e della tecnologia non solo nel grande pubblico ma anche in un certo numero di Pmi.
Per questo sia i webinar sia i miei commenti cercano di rendere “sexy” argomenti complessi ma strategici per far crescere platea di persone che possano comprendere che Ai, IoT e BigData, non sono termini astrusi ma sono parte integrante della loro vita già ora, nella scuola, al lavoro, nei social, e nel tempo libero.
C’è la necessità che il maggior numero di persone possibili li comprenda in maniera “semplice” per utilizzarli in maniera consapevole.
E’ impossibile ignorare questi argomenti eppure non c’è che una flebile traccia nel dibattito pubblico del post lockdown, e non quando sono citati n modo distorto come nel recente caso delle dichiarazioni del Sindaco di Milano Sala. Eppure se il Paese è rimasto in piedi in tutti gli ambiti è stato per merito del digitale che deve diventare un asset strategico di questo Paese se vuole esistere e competere sui mercati mondiali in questo periodo che sarà disseminato di incertezze.
La tua presenza nel mondo di Twitter e nella promozione degli articoli è ben nota a chi frequenta assiduamente il social. Sei positivamente colpito dalla novità dei Fleet?
Divido la risposta in due parti: dal punto della piattaforma posso capire l’esigenza di catturare e fidelizzare un pubblico oramai abituato a usare la stories in ogni social. Salvo esigenze professionali che dovessero sopravvenire, non ne farò uso.
Per me twitter è interazione immediata, colloquio con un persone di ogni credo ed opinione con cui interagisco in ogni continente, incoraggiamento attraverso il retweet di voci importanti ma trascurate che hanno bisogno di maggiore visibilità per farsi ascoltare.
Una unicità che dovrebbe essere meglio valorizzata e che permette rispetto a tutti gli altri social di costruire rapporti di amicizia e di lavoro in altri modi impossibili.
Purtroppo questo ora è reso più difficile dall’evoluzione recente di twitter, che rimane però insostituibile per misurare in pochi istanti il sentiment del momento e tutte le informazioni utili per capire come va il mondo.
E riguardo la conferma dell’avvenuta lettura di un articolo prima del Retweet?
Questo è scuramente una cosa positiva, che permette di misurare l’interesse per un articolo o un materiale prodotto con grande passione.
L’intervista capitale di solito si conclude con un gioco. Hai 5 minuti di “pieni poteri”: come li utilizzi?
Devo dire che essendo allergico all’idea dei Pieni Poteri mi viene un po’ in salita una risposta! Visto che è un gioco, mi piacerebbe utilizzarli per diffondere il dono dell’autoironia e della leggerezza.
Io lo faccio spesso, mi aiuta a non prendermi troppo sul serio e capire meglio gli altri, con più rispetto e tolleranza. Viviamo tempi molto difficili per i noti problemi, credo che l’autoironia sarebbe un punto di partenza per ridarci una dimensione più colorata e libera da tensioni.
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