Se i docenti bigiano, fanno sega, marinano la scuola

 

dì @GuidaLor

Analizzando il panico attorno alla riapertura delle scuole bisogna partire da una certezza e dalla ricerca di una risposta scevra da simpatie politiche di ogni colore, perché se la situazione del sistema è il frutto maturo dell’immobilismo espresso in questi mesi dal Governo, cosa si poteva concretamente realizzare in 150 giorni? Era davvero possibile rifondare la struttura dell’istruzione italiana in così poco tempo?

Dagli impianti di ventilazione alle più bizzarre trovate quali l’utilizzo di ex caserme dismesse, la soluzione per mettere in sicurezza docenti e alunni andava ricercata con coraggiosa lungimiranza e tanti soldi: il coraggio è mancato, i fondi del MES non sono stati presi per una precisa scelta politica ancora non meglio giustificata dai numeri.

Alla facile sassaiola contro la politica nostrana va pur detto che non si contrappongono brillanti decisioni oltre confine:

  • la Germania a causa dei focolai chiude quotidianamente decine di scuole;
  • la Francia vuole riaprire gli istituti nonostante i circa 5.000 contagi giornalieri;
  • la Spagna, il Paese a oggi più colpito dalla pandemia, ha scelto la via delle mascherine obbligatorie (utopica se si pensa che riguarderà anche bambini di 6 anni) gruppi di convivenza e finestre aperte ogni 10/15 minuti.
  • In Italia abbiamo comprato i banchi con le rotelle.

 

Adesso Giovanna, 54 anni, insegnante di storia presso un liceo classico, ha paura: “Ho l’asma e non voglio tornare a fare lezione in classe. I miei alunni hanno sicuramente una vita sociale attiva, potrebbero involontariamente infettarmi.”

Incapaci di ottenere risposte dalla politica, gli italiani non hanno perso tempo a trovare un nuovo nemico nei professori, epitome dell’impiegato pubblico favorito nell’immaginario collettivo da un trattamento di riguardo grazie al potente sindacato.

 

Sulle recenti polemiche la Prof.ssa Giovanna ha le idee chiare: “I colleghi che non vogliono sottoporsi ai test sierologici sono indifendibili ma il problema è un altro: quanti di voi lavorerebbero in aule affollate, a ottobre, quando il virus inizierà a confondersi con l’influenza stagionale?”

 



 

Il terrore di molti docenti trova sponda nei dubbi espressi dal Presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, ma la necessità di riapre le scuole sposa il sano realismo di una società che riprende a frequentare i luoghi di lavoro e non è stata mai realmente convinta dai bonus e dalle soluzioni fantasiose adottate dal Governo per aiutare le famiglie.

Nell’eterna lotta verso il basso di una società incattivita dalle disparità, non sono d’altronde meno esposti al virus camerieri e operai delle fabbriche, dove la mascherina sempre e comunque sembrano regola realizzabile solo su carta.

 

La levata di scudi dei docenti fa i conti con una realtà del lavoro complessa e iniqua, nella quale il privato continua a non avere voce e orecchie tese all’ascolto mentre il pubblico ha la forza di contarsi, gridare, farsi sentire.

 

Il tempo per i tavoli tecnici è scaduto. Essere convinti come il Vice Ministro alla Salute, Pierpaolo Sileri che non avremmo assistito a una seconda ondata è stato un atteggiamento infantile, speranza disattesa dalla realtà dei fatti. Il dato sui contagi, che adesso investe maggiormente i giovani fra i 15 e i 30 anni di età, è una bomba lanciata dentro la capanna dell’istruzione italiana.

Se la scuola riaprirà a settembre e la situazione dei docenti concentra il dibattito pubblico, stando a quanto riportato da alcuni regioni come la Toscana mancano all’appello anche i bidelli, scarsamente allettati dai contratti a tempo determinato in una situazione tanto precaria e potenzialmente pericolosa per la propria salute. A tale criticità si aggiunge il rischio di dover trovare in tutta fretta 250.000 supplenti per i professori di ruolo che presenteranno certificati medici o saranno assenti per malattia. Un caos da ricreazione nel quale può affondare già in partenza la regolarità dell’anno scolastico 2020/2021, dopo la debaclè di quello precedente.

Se per il contenimento del virus le rotelle non sembrano la soluzione migliore, probabilmente saranno la più veloce per far scappare docenti e studenti dalle aule nel momento in cui, e i numeri lo annunciano, i contagi saliranno in parallelo a ricoveri e terapie intensive, in una dinamica confermata anche dal Prof. Franco Locatelli in riferimento alle evoluzioni delle ultime ore.

 



Foto https://pixabay.com/it/photos/pensione-scuola-universit%C3%A0-ricerca-2817670/

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