Senato in bilico: capitalizzare il risultato elettorale o tornare alle urne




 

Come registrato ieri nel pezzo “Urne: sorrisi a denti stretti“, esaltare il bicchiere mezzo pieno è il principio di una politica che non può mai dirsi sconfitta o apparire indebolita di fronte agli elettori.

Per definire i termini di un’altra vecchia regola politica inseguiamo ancora l’attualità e il futuro, tracciando lo scenario che si prospetta al Governo di un Paese dove insiste l’incertezza per l’evoluzione della pandemia e si annuncia la preoccupante recessione economica e occupazionale d’autunno.

 

Stando alle prime dichiarazioni, nel contrasto fra gli indirizzi d’azione politica lanciati dal PD, l’attivismo di Italia Viva nell’intestarsi le vittorie, il caos interno e le oscure intenzioni del Movimento 5 Stelle su MES e decreti sicurezza, il secondo concetto potrebbe recitare: “Capitalizzare il risultato elettorale è meno scontato e più complesso della conquista di una poltrona”.

 



 

E se è vero che il voto spezza sempre equilibri, per il Movimento 5 Stelle vale la metafora del viaggio in mare.

Raggiunto lo storico traguardo della vittoria referendaria, il grillismo approda in terra sconosciuta e senza bussola, nel disorientamento dovuto ai risultati regionali che annunciano il prossimo alleggerimento politico e con l’ala dei puristi guidati da Alessandro Di Battista sempre più decisa a costruire un battello personalissimo con cui tornare a maramaldeggiare nel mare magnum della politica “dal basso”.

 

La situazione interna al Movimento 5 Stelle, prossimo a perdere il suo attuale peso specifico, può trasformare le varie insoddisfazioni nel “liberi tutti” che indebolirebbe fatalmente il Governo, mettendo a rischio il futuro del Paese sulla soglia di una drammatica recessione.
E la drammaticità della prossima crisi economica e sociale non è retorica bensì legge, imposta dagli impietosi numeri della disoccupazione, i cui effetti sono oggi solo mascherati da un welfare poderoso ma prossimo ad esaurirsi.

 

 

In Senato, dove i cambi di casacca da inizio legislatura sono addirittura 26, il drenaggio delle forze grilline è iniziato da mesi.

Salvini è stato pronto ad accogliere transfughi e delusi mentre altri hanno deciso di trasferirsi nel gruppo misto, scatoletta della politica che si gli stessi protagonisti volevano aprire appena pochi mesi prima.

Per il Segretario del PD gli interlocutori sono molteplici e crescono al ritmo degli interessi in campo. I numeri a Palazzo Madama sono risicati e l’azione promessa da Nicola Zingaretti, dal Mes ai decreti sicurezza, rischia di sbattere contro lo scoglio di una sconfitta in aula dovuta ai problemi dei suoi partner.

Il Presidente del Consiglio, riapparso dopo l’esito del voto, non sembra capace di garantire nessuna linea certa, e prova ne siano i continui rinvii, le dichiarazioni su i decreti sicurezza e lo stallo per l’apertura della linea di credito messa a disposizione dall’Europa attraverso il Mes.

 

Riassumiamola così: se la prima regola della politica è quella di esaltare sempre  il bicchiere mezzo pieno, qualunque liquido contenga, il secondo e più arduo compito rimanda alla capacità di convincere gli altri commensali ad alzare i calici e brindare al medesimo auspicio.  Il rischio, sempre più concreto, è quello di assistere a un convivio festoso ma beffardo. Indovinate chi pagherà in ogni caso?

 

dì @GuidaLor




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Un pensiero su “Senato in bilico: capitalizzare il risultato elettorale o tornare alle urne

  • Settembre 23, 2020 in 3:36 pm
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    Il modello democratico è in crisi (irreversibile?), all’orizzonte un sistema di piccole oligarchie in concorrenza tra loro.
    Nessun politico ha una visione unitaria dello Stato.
    Mi torna in mente un antico titolo di Time: Italy in Agony (con tutti i contorcimenti all’epoca per spiegare che agony non vuol dire agonia).

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