Sgasati: la crisi travolge l’Europa

Sono passate poche settimane da quando la volontà di <Preferire la pace al condizionatore acceso> generava entusiasmi e applausi per la guerra economica e poi militare, seppur mascherata, mossa dall’Occidente verso la Russia di Vladimir Putin.

E’ però oggi che l’effetto di questa guerra “eco-sociale”, ultimo modello di scontro fra potenze mondiali, è prossima a generare un frutto amarissimo per l’Europa e l’Italia: la crisi del gas, l’impennata delle bollette e il naturale aumento dei prezzi che, a cascata, riguarderà materie prime, trasporti, beni di prima necessità. 

La UE che doveva rappresentare la nascita di un continente granitico, superpotenza con lo stigma nobile della sua civiltà millenaria, ha vestito il ruolo di comprimario sin dall’inizio del millennio, appoggiando indiscriminatamente le mire espansionistiche e la smanie di controllo globale degli Stati Uniti: le folli e interessate guerre di invasione (Iraq, Afghanistan)  e i rovesciamenti interni a Paesi terzi, come nel caso dell’Ucraina, miccia di una bomba -al momento solo economica – che porterà all’ennesima recessione l’Europa e i suoi anelli deboli, Italia in primis.

Nel mentre il dollaro ha raggiunto pari valore con l’euro, il divario per il costo del gas fra UE e USA sfiora il rapporto di 10 a 1, facendo risultare da quì a poco le aziende europee sostanzialmente “fuori mercato”.

Ed è con questa certezza che la Germania prepara psicologicamente la popolazione alle restrizioni future, avvertendo della crisi imminente per la sua industria, vero motore d’Europa, per l’aumento del costo della vita, per le difficoltà dell’import ed export.

A molti non sfugge che il quotidiano dei cittadini europei rischia di essere stravolto ben più che nella recente pandemia ma fra soluzioni che latitano e incapacità di coesione, la via sembra segnata e la corsa all’energia pulita, ancora una volta, rimane favola buona per il futuro.

E l’Italia non si desta

Quanto succede nel nostro Paese ai più alti vertici istituzionali e politici non genera più alcun moto o richiesta da parte della popolazione: il grottesco nel quale siamo scivolati chissà quando permea ogni ambito, regalandoci la campagna elettorale più distopica di sempre.

Uno spettacolo di partiti divenuti centri di collocamento dai quali i fuoriusciti lamentano “terreni inidonei per le candidature”, le bagarre social, i tradimenti, le giravolte, i traslochi dei singoli da destra a sinistra e alleanze ballerine, rendono difficile anche per il cronista più serio riportare “cosa succede in Italia” e in che modo affronterà i problemi futuri.

E’ certificato che in quindici anni la soglia di povertà ha abbracciato sempre più italiani, fino a raggiungere gli oltre cinque milioni di individui registrati da ISTAT e per sapere cosa può generare l’aumento indiscriminato dei prezzi, già alle stelle da mesi, su i sei milioni di poveri quanto su ciò che rimane di una borghesia impiegatizia aggrappata al salario mensile, non serve certo un oracolo.

Ma nel torpore agostano fanno maggiore presa le polemiche su i simboli, fiamme e fiammelle, Mussolini e i balletti, diritti gay e scandali social, le sfuriate di politici falliti più volte ma non per questo fuori dai giochi.

A pochissime settimane dal voto, il contraltare di questo circo è rappresentato dalle  bollette stellari mostrate da imprenditori terrorizzati per i futuri bilanci.

La perdita di concorrenza dell’ industria italiana, in particolare del manifatturiero, dovuta all’aumento dei prezzi e delle materie prime, è una delle linee che tratteggiano la spirale nella quale verranno risucchiati risparmi e salari degli italiani, con l’aggravante di un mondo del lavoro inevitabilmente coinvolto nella crisi.

Dalla destra della Meloni alla presunta sinistra del listone PD non una sola parola su questo disastro annunciato, nessun punto programmatico di rilievo, l’eccitazione è tutta rivolta ai sondaggi.

 

L’impotenza di un popolo che per storia non si è mai realmente “destato”, lascia allora spazio solo al monito e all’archivio: quando lo tsunami arriverà la nostra classe politica e dirigente non potrà dire che non sapeva. 

 

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