Sono bamboccioni o vittime?
Ci sono numeri imbarazzanti sui nostri giovani accusati di essere “bamboccioni”, oppure c’è una realtà drammatica sulla quale sono state bruciate già un paio di generazioni?
I dati sui “mammoni d’Italia” sono in crescita secondo Eurostat: oltre il 66% della gioventù, fra i 25 e i 34 anni, vive ancora con i genitori.
La differenza fra i sessi vede gli uomini più ancorati al tetto familiare, in una percentuale pari al 72,7% (contro la media UE al 56,2%); le donne italiane – sempre nella fascia d’età sopra indicata – sono il 59,8% (in vantaggio sulla media UE, ferma al 44%).
La classica accusa rivolta ai nostri ragazzi, dalla pigrizia, alle paure di crescere, passando per le comodità dalle quali è difficile staccarsi, cozza contro una realtà in cui la disoccupazione giovanile è fra le più alte d’Europa (oltre il 32%), quella generale oltre il 10%, e dove il precariato è diventato abitudine, con lo stile di vita che ne consegue.
In tale quadro, bisogna anche segnalare le basse retribuzioni e i costi di affitti e spese che, in alcune città come Roma o Milano, sono il vero ostacolo per ogni idea di indipendenza.
A fronte di uno stipendio medio di 1100/1200 euro per lavoratore, un monolocale in affitto nelle grandi città italiane ha un costo che spazia dai 600 agli 800 euro al mese, mentre una stanza condivisa parte dai 350 per arrivare ai 600 euro. Ed ecco che i calcoli a fine mese non tornerebbero senza un aiuto esterno.
Il discorso cambia leggermente al Sud, dove il costo della vita è inferiore, ma l’alto tasso di disoccupazione e gli stipendi generalmente inferiori alla media, soprattutto per i lavori generici, non stimolano di certo i ragazzi ad andarsene di casa.
Più che di mammoni, forse, è il caso di parlare capri espiatori, vittime di una economia distorta e di una politica distratta?
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