Stranger Things 3, la stagione del lutto
ATTENZIONE SPOILER
Stranger Things è una grande serie tv, e la terza stagione non fa altro che confermarlo. A differenza delle altre due, però, il terzo atto della saga non attiva solo la curiosità, lo spavento, la suspence. Stranger Things 3 ci sbatte davanti alla faccia la potenza della tristezza e della malinconia che ogni cambiamento comporta. In altre parole, la terza stagione è quella del lutto. Sin dall’inizio emerge un cambiamento che diventa sempre più presente nei piccoli protagonisti. I bambini non sono più bambini, ma adolescenti. I grandi non sono più protettori nonostante tutto: il loro posto nella storia è sempre più periferico, e finisce anche con l’essere talvolta patetico (vedi la riedizione della storia romantica tra Hopper e Joyce). Per ognuno di loro la storia disegna una strada da percorrere, ciascuno con i propri tempi. L’amore romantico di Mike e Undici passa dalla tenerezza e dall’innocenza della pre-adolescenza alla potenza dell’adolescenza vera e propria, con tutto ciò che ne consegue: la scoperta del corpo sessuato (certamente non così approfondita dagli sceneggiatori), la separazione all’interno del gruppo dei pari tra amici e partner, l’abbandono dei giochi dell’infanzia in vista della centralità delle relazioni interpersonali. Si fanno strada nuovi sentimenti, nuove consapevolezze.
Per la prima volta, nel corso di tutte le avventure, il gruppo si scinde, Dustin si allontana e trova in Steve e Robin due nuovi amici. Si esce dal proprio comodo status quo alla ricerca di qualcosa di nuovo. Will rimane più indietro, ultimo baluardo di un’infanzia fatta di giochi e avventure fantastiche, più che comprensibile vista la sua storia. Ma anche per lui arriva il momento di dover abbandonare i desideri infantili e di distruggere il rifugio che lo aveva protetto dal mondo fino a quel momento. Una distruzione rabbiosa e dolente, sotto la pioggia.
La saga del lutto, dicevamo. Ovvero, la saga in cui il compito dei personaggi diventa quello di cominciare a tollerare la realtà e ad elaborare le perdite che da essa derivano. Fino alla fine, fino a quando il camion del trasloco non supera il cartello “Arrivederci ad Hawkins”. È in questo clima che si sviluppa l’ancor più appassionante trama, in cui coerentemente comincia ad entrare nel mondo dei ragazzi la realtà terribile dello spionaggio e della guerra fredda, laddove le creature fantastiche non sono più frutto del casuale errore umano, ma sono guidate dall’umana volontà di distruggere, conquistare, uccidere. Ora realtà e fantasia non sono più così nettamente divise, e bisogna fare i conti con entrambe.
Questa è insomma la stagione più ‘umana’ di tutte fino a questo momento. Ma oltre al lutto c’è amche la crescita: ciascuno diventa qualcun altro. Qualcuno muore, qualcuno non è più onnipotente. Qualcuno si ravvede, qualcuno fa la scelta giusta. Qualcuno resta, qualcuno se ne va. Forse non per sempre.
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