Stranger Things: l’inconscio ed il sottosopra
Non ho ancora capito, e spero di essere in buona compagnia, da cosa esattamente derivino tutte le disgrazie di Stranger Things. Dopo aver visto le prime due stagioni, non mi è molto chiaro quali siano l’origine e l’essenza di termini come sottosopra, demogorgoni, mostro ombra.
In effetti, per come lo descrive Freud nella seconda topica, il sottosopra è simile all’inconscio. Questo strano luogo sarebbe infatti “un calderone di pulsioni ribollenti” amorale, senza tempo né spazio, capace di rendere tutto uguale a tutto.
Ed è così che ci si sente quando i personaggi camminano per i cunicoli del sottosopra: un luogo disabitato e al tempo stesso estremamente vivo, tenebroso, incomprensibile, capace di stravolgere la vita dei personaggi che lo ri-conoscono.
Ovviamente i due concetti sono abbastanza diversi, ma proviamo ad immaginare un’analogia.
Il sottosopra stravolge la vita di Will, al punto che il suo creatore (sempre che lo sia) finisce per possederlo, abitandone in modo completo la mente e il corpo. Possiamo, sempre per fare un’analogia, prendere Will come esempio di paziente, colui che si trova posseduto da qualcosa che non comprende, fino al punto di esserne completamente saturato e di perdere la propria identità (Will sarebbe un paziente molto grave).
Quando tutto sembra più o meno perduto, anche se in Stranger Things quasi mai si ha questa impressione, sulla scena arriva anche il nostro psicologo: Dustin.
Dustin è uno dei miei personaggi preferiti: grassoccio, impacciato con le ragazze, ma inestimabilmente intelligente e curioso. Nella puntata 8 della seconda stagione, nel tentativo di comprendere meglio i sintomi di Will, spiega al gruppo il concetto/personaggio di Mind Flayer (in italiano “Scorticatore della mente”). Il Mind Flayer è una creatura di D&D, capace di controllare la mente di più individui (e per questo definito una ‘mente a sciame’); una creatura, spiega Dustin, che non sa più da dove proviene perché è troppo vecchia. Al termine dello scambio Dustin spiega che si tratta di una metafora e Lucas lo corregge, perché si tratta di… un’analogia!
Al di là della figura retorica, Dustin propone, senza volerlo, un intervento terapeutico: riesce a dare un’immagine, un volto all’angoscia che il gruppo sta provando in quel momento. In altre parole, dà una forma all’informe, riconducendo ciò che sta possedendo Will ad una creatura familiare che lui e i suoi amici hanno incontrato tante volte nel loro viaggio in D&D.
In questo modo, i ragazzi riescono a trovare una soluzione alla terribile minaccia che li sta assalendo. Dustin utilizza creatività e fantasia, e in tal modo riesce a co-costruire con i suoi amici un senso e un significato nuovi nella visualizzazione del problema. Non solo il sottosopra, ma l’intera serie è un calderone: di spunti, di riflessioni, di emozioni caotiche. Una serie che mescola angoscia e ironia e che accende la nostalgia come nessun’altra produzione.
È come rivedere “Piccoli Brividi” in un contesto riadattato per età e forma mentis; come rimanere bambini, ovvero come soddisfare il desiderio che alberga in tutti noi e che spinge all’indietro per non farci crescere mai.
Per contatti e contributi : postamaster@ifatticapitali.it