Tik Tok, i social e la forma dell’acqua




 

dì @GuidaLor

 

Ragazzine chiuse in bagno per ammiccare verso lo smartphone al ritmo di musiche inserite in post produzione. Adolescenti convinte di fare colpo su un pubblico trasversale attraverso l’immagine delle proprie forme, ricalcando più o meno consapevolmente le orme lasciate dalla penna di Nabokov.
Ragazzini che filmano giochi estremi e botte da orbi, convinti che quel sentimento di virilità al quale sono chiamati per istinto, passi soprattutto da un atteggiamento sprezzante del pericolo o dalla sopraffazione del più debole.
Politici che incitano alla rivolta le masse, individui che inneggiano a loro volta alla violenza, nascosti all’ombra di un presunto anonimato.
In questo contesto, il fatto di cronaca fa spesso la sua comparsa preceduto da uno specifico atteggiamento nel mondo virtuale, trasformando l’evento in residuo di un malessere che galleggiava da tempo nei social: zoo bestiale costruito per la vanità del like, nella capacità di canalizzare protagonismo e frustrazione attraverso l’hashtag di riferimento o la challenge di turno.
Nel caos di un mondo disorientato da pandemia e crisi economica, la jungla social è diventata una zona franca insostenibile, ormai fuori dal controllo degli stessi creatori: ieri adolescenti nerd, oggi multimiliardari e custodi di un potere che scavalca ogni legge.

 

 



 

 

La notizia della morte cerebrale di una bambina di Palermo, sopraggiunta a seguito della sfida di auto strangolamento “Black Out”, lanciata sul social Tik Tok, si inserisce nella complessa realtà di spazi virtuali in perenne ebollizione.
Da Facebook a Twitter, da Instagram a Tik Tok, la crisi dei social è diventata sociale.
I fatti di Capitol Hill e gli episodi registrati ciclicamente dalla cronaca, suggeriscono la ricerca di soluzioni non rinviabile a tempi migliori.
L’offerta social della quale Marck Zuckerberg fu pioniere con l’ideazione di Facebook, si è moltiplicata nel giro di pochi anni. Oggi è possibile iscriversi a tante piattaforme differenti, ognuna con la sua peculiarità. E’ la forma dell’acqua che trova nello specifico contenitore modalità di comunicazione sovrapponibili.

 

Un’acqua in ebollizione perpetua che tracima frequentemente dai bordi e invade il campo del reale.
Un’acqua sporca, della quale il mercato non riesce a fare a meno, mentre gli addetti al marketing si affannano nell’analisi dei target di riferimento, calcolando gusti e abitudini del consumatore in una pesca facile che si perpetua nella boccia dei big data nutriti con il consenso degli utenti.

 

“Essere assolutamente moderni vuol dire essere alleati dei propri boia”: senza saperlo Milan Kundera aveva profetizzato con anticipo i perversi meccanismi del web.

 

 



 

In un periodo storico caratterizzato dai tanti, noti problemi, abbiamo di fronte a noi l’ennesima sfida probante: governare il web e i social.
Una realtà verso la quale le istituzioni non possono più chiudere gli occhi per la necessità di una regolamentazione chiara e condivisa.
E’ giunto il momento di farsi delle domande e trovare le risposte più giuste:
  • E’ giusto dare ai minorenni la possibilità di conoscere la macelleria sociale e dell’intelletto che zampilla fuori dalla torbida acqua dei social?
  • E’ giusto lasciare che i bambini finiscano preda del mercato e del suo desiderio di assoggettare il consumatore?
  • E’ giusto che gli odiatori seriali o i diffusori di fake news agiscano indisturbati, avvelenando i centri del nuovo dibattito pubblico?
  • E’ giusto lasciare totalmente in mano ai privati e al loro debole controllo queste piazze del potere intellettuale e fisico?
A mio avviso – e per quel che vale- il primo, necessario passo delle istituzioni deve essere quello di implementare lo studio dei meccanismi web e social nei corsi di educazione civica.

 

Allo stesso tempo il ruolo delle famiglie resta fondamentale.
Separate, gay o cristianamente unite, le famiglie hanno il compito di rispondere ai rischi della rete virtuale con quella degli affetti e dell’educazione, dell’ascolto e del dialogo, del necessario controllo entro limiti pur difficilmente tratteggiabili.
Il cervello di una bambina si è spento. E’ ora accendere quello dei grandi.

 



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