Tredici fra gli imperdibili di Netflix
Tredici è una serie Netflix che racconta le vicende di un folto gruppo di liceali alle prese con la propria singola e soggettiva adolescenza, con la crescita di una psiche individuale che deve fare i conti con il delicato passaggio dello sviluppo sociale, identificativo e sessuale. Sebbene infatti il rapporto travagliato dei personaggi con i propri genitori non venga escluso dalla trama, la stragrande maggioranza di essa è incentrata sul tema della relazione sociale, in particolar modo scolastica.
Amore, amicizia, nuove conoscenze ed esperienze si fondono così con il lato oscuro della realtà adolescenziale: in questo modo, vengono messi in scena il bullismo che mortifica la giocosità, lo stupro che esclude la conoscenza creativa della sessualità e del proprio corpo, l’omertà che falsifica l’amicizia, in una trama che molto ci aiuta a comprendere la realtà adolescenziale di una certa parte degli Stati Uniti.
Nonostante ciò, nei discorsi da salotto sulle serie tv che di tanto in tanto si fanno, “Tredici” ne esce a pezzi: poco reale, troppo americano, gli manca qualcosa, a volte è gratuito. Sono critiche comprensibili da un punto di vista ‘cinematografico’. Tuttavia, secondo la mia opinione, non è tutto da buttare, anzi. Tredici apre una finestra su diversi mondi, tutti legati imprescindibilmente e in modo singolare alla delicata fase dell’adolescenza. Americana, certo, ma pur sempre un’adolescenza occidentale, a noi vicina. E d’altra parte la spettacolarizzazione che viene rimproverata alla serie, non è quella che vediamo in buona parte della realtà sociale e culturale americana?
In occasione dell’uscita della prima stagione, che trattava in maniera piuttosto cruda i temi del suicidio e del bullismo, alcuni episodi di suicidio di giovani americani avevano sollevato il problema dell’istigazione da parte di certa filmografia, che mostrava le crudeltà del mondo giovanile sensibilizzando (secondo le accuse) in senso negativo i giovani spettatori.
Ho trovato per certi versi assurda, per quanto comprensibile all’interno di una reazione di lutto, l’attribuzione della colpa a Netflix e alla serie, colpevoli di aver messo in scena il suicidio di una giovane ragazza stuprata. Un episodio che rappresenta pienamente lo spirito del tempo in cui ci troviamo, dove l’equivalenza tra dolore e consapevolezza della realtà ha raggiunto la sua piena manifestazione (in negativo).
Non abbiamo ancora capito che ‘occhio non vede, cuore non duole’ non rappresenta altro che una nefasta illusione di proteggere noi e i nostri adolescenti dalla realtà, a volte piacevole e spesso terribilmente cruda. Una realtà di cui certamente dovremmo prendere consapevolezza in maniera quanto più possibile graduale, ma che esiste e, soprattutto, di cui non possiamo fare a meno.
Conoscere la realtà, quella vera, con le sue nefandezze, è infatti il modo migliore per sviluppare un pensiero critico su ciò che accade, la via maestra per collocarsi all’interno di processi sociali che altrimenti risultano incomprensibili, perché caduti dal cielo.
È il modo migliore e inevitabile per crescere. “Tredici” non è, a dispetto delle accuse, una serie che lascia il giovane spettatore inerme dinanzi a tutto questo. È lodevole, a mio avviso, sentire dalla diretta voce degli attori, prima di ciascun episodio, l’introduzione ai temi che verranno trattati, con l’invito a rivolgersi ad un adulto di fiducia, o a un professionista della salute mentale, qualora, come purtroppo a volte è possibile, l’adolescente riconosca fin troppo bene nella sequenza filmica la propria terribile esperienza.
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Foto https://pixabay.com/it/photos/cifra-metallo-in-ottone-tredici-1535109/