“Westworld la coscienza in serie”: intervista all’autrice, Giulia Bertotto
Giulia Bertotto è l‘autrice del saggio “Westworld la coscienza in serie” (Edizioni Progetto Cultura) un viaggio nelle tematiche filosofiche dell’avvincente e intricata serie Tv Westworld, trasmessa da HBO.
Giulia, perché scrivere un saggio su una serie Tv?
“Questo libro è frutto della mia tesi di master in ‘Consulenza filosofica e antropologia esistenziale’, un anno di studi che ho svolto incontrando le più disparate figure professionali in relazione con la filosofia: critici d’arte, psicologi, medici, poeti, ma anche geologi…Perché la filosofia è il luogo della mente dell’uomo non solo degli accademici. La filosofia è l’emozione della Meraviglia e l’elaborazione del dolore che tutti gli umani attraversano per mezzo dell’inserimento della loro esperienza individuale nell’Universale.
Stiamo assistendo a un’irruzione, quasi un’invasione, della filosofia nelle serie Tv. Prendiamo ad esempio la tedesca Dark dove viene citato Nietzsche o in modo ancora più dichiarato A good place in cui uno dei protagonisti è un professore di filosofia morale all’inferno, ma anche True detective che affronta il tema del male al modo di pensatori pessimisti e coraggiosi come Cioran.
In questo libro parlo solo della prima stagione della serie perché secondo me è quella che ha già espresso molto del suo potenziale filosofico”.
Argomenti come il transumanesimo e il progresso tecnologico esasperato che spesso non tengono conto dell’etica, sono temi urgenti e complessi è per questo che hai scelto proprio la serie “Westworld”?
“La fantascienza è il genere che secondo me offre più spunti alla riflessione, perché ritrae una realtà che vediamo e una che sembra essere o che sta per diventare. La fantascienza parla delle trasformazioni della società umana raccontandole per ipotesi o per allusioni. Westworld è carica di queste allusioni. Però vorrei dire che lo scopo del saggio non è avvertire dei pericoli dell’intelligenza artificiale o delle nuove tecnologie. A me interessa dire proprio il contrario: quanto è spaventoso il fatto che l’uomo si trasformi nei suoi mezzi mentre non sembra essere mai cambiato nella sua natura distruttiva e autodistruttiva. Non sono preoccupata per le tecnologie, ma del fatto che sembriamo restare quell’essere bipede e ingrato come diceva Dostoevskij. Westworld parla dell’uomo, non delle macchine, parla eventualmente di una ribellione A Dio, ma non racconta di macchine. Quello è l’espediente diegetico più superficiale, anche se avvincente”.
E cosa significa il titolo?
“Il titolo è un gioco di parole e concetti: la coscienza è in serie perché parliamo di una serie Tv ed è in serie perché gli automi vengono plasmati come caratteri seriali, profili scanditi da un demiurgo che crede di predeterminarli senza interferenze”.
Cosa intendi per serie ‘gnostica’?
“Nella mia interpretazione Westworld è la metafora del nostro mondo: pare avere una consistenza ontologica ma non la ha propriamente (come insegnavano le antiche saggezze orientali e come pare dimostrare oggi la fisica quantistica con l’idea dell’universo olografico e della dualità tra onda e particella).
Il mondo di Westworld è fittizio, ingannevole, violento e doloroso, come quello che secondo le cosmogonie gnostiche (II-IV secolo) è quello che abitiamo.
Wesworld, come il mondo secondo queste correnti, è il parco divertimenti di un demiurgo esaltato e crudele. Ford, il personaggio che ricopre il ruolo del genio tormentato che progetta il parco è un demiurgo che crede di creare un mondo ontologicamente nobile mentre plasma un luogo di sofferenza e illusione. Troviamo questa concezione nella complessa cosmogonia dello gnostico Marcione (II secolo)”.
Cosa c’entra il ‘karma’ o la ‘ruota karmica’ di cui parli in un capitolo del saggio?
“Il destino di ripetizione automatica degli androidi evoca le filosofie orientali come l’induismo e il buddhismo. La reiterazione dei comportamenti viene compiuta dagli esseri viventi nelle reincarnazioni finché non si passa ad uno stadio di consapevolezza successivo. Ogni mattina Dolores e gli altri automi si svegliano e ripetono il loro copione karmico, finché non matura un risveglio di coscienza in loro. Risveglio che nelle religini orientali conduce alla liberazione dal samsara, cioè dal ciclo doloroso degli eventi. Inoltre, per me, questo si sposa senza contraddizioni con la dottrina del libero arbitrio portata dal maestro della teologia occidentale Agostino d’Ippona. Io sono una conciliatrice e mi piace far andare d’accordo i pensatori…beh Agostino diceva che non c’è alcuna incongruenza tra libero arbitrio nell’uomo e eterna prescienza divina.
Sono due dimensioni diverse che convivono, la conoscenza assoluta di Dio è in una dimensione metafisica che conosce senza interferire. Ci vuole uno sforzo cognitivo e di concentrazione per pensare questa coincidenza di paradigmi, ma si può fare”.
E il labirinto, uno dei simboli della serie, perché lo associ a Giordano Bruno?
“Nella serie il labirinto rappresenta un luogo della coscienza, un luogo non locale come dice la fisica quantistica, un luogo che dalla memoria conduce alla coscienza. Per Bruno la memoria era strumento per arrivare a verità ultime, per connettersi con la divinità. Il Nolano infatti disegnava diagrammi mnemonici simili a labirinti e a mandala, i quali (proprio come i mandala) attraverso pratiche di osservazione e meditazione potevano avvicinare alla divinità in modo intellettuale e spirituale.
Ci tengo a dire che Bruno era un sacerdote e un mago non una bandiera di laicità come vuole essere strumentalizzato oggi. Bruno ha lottato contro la Chiesa per affermare la propria identità spirituale e la sua concezione del divino, non perché fosse ateo o materialista”.
Westworld e l’intrauterino è un capitolo enigmatico…di che si tratta?
“La coscienza nell’uomo non nasce dalla capacità cognitiva, ma prima da quella emotiva, la quale si basa sull’imprinting chimico e affettivo che si riceve già durante l’utero prima di nascere. Lo spiegava l’illuminato psichiatra austriaco Wilhelm Reich e ce lo confermano oggi diversi psicologi e le neuroscienze. Allo stesso modo nella coscienza degli androidi, la svolta intellettiva prende avvio da una serie di traumi emotivi che vivono in una sorta di dimensione intrauterina in cui soffrono ma non possono ancora prendere consapevolezza di ciò che li fa soffrire e così emanciparsi”.
dì @GuidaLor
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