Yoda, il ritorno: intervista a @PoliticaperJedi




dì Lorenzo Guidantoni

Twitter @GuidaLor

 

Ai tempi dell’ultima intervista a Yoda (@PoliticaperJedi), il Governo Conte 2 si era appena insediato.

Il coronavirus non aveva ancora stravolto le nostre vite e lo spazio del dibattito pubblico si limitava alla nascita di un esecutivo multicolore, rispetto al quale in molti si dimostrarono dubbiosi: Salvini era il nemico numero uno, i decreti sicurezza il totem da abbattere.

A distanza di qualche mese, con un evento storico di mezzo come la pandemia, ho contattato Yoda per una nuova “Intervista Capitale”.  Lo ringrazio in anticipo per la disponibilità.

 

In questi mesi c’è stato un momento imprescindibile nel racconto della storia personale di Yoda: il ricovero seguito al contagio da sars-cov-2, esperienza della quale hai scritto nel tuo blog. Dopo la diffusione della notizia, il popolo social si è stretto intorno a te. Come definiresti l’affetto, seppur virtuale, da parte della rete?

Come ho scritto sul blog, la mia esperienza personale di malato covid è stata un susseguirsi di emozioni inaspettate.

Per molti motivi: la consapevolezza di vivere in prima persona una tragedia globale (seppure, nel mio caso, con un lieto fine), la dolorosa coscienza di quanto preziosa sia la sanità pubblica, l’esercizio deprivante dell’isolamento, la commozione del ritorno a casa in un mondo stravolto. Ma anche la sorprendente scoperta che perfino dalla rete può arrivarti sincero affetto, partecipazione, calore. Anche attraverso i social network, sui quali veicoliamo, solitamente, i nostri peggiori sentimenti. Anche tra sconosciuti, anche verso un anonimo.

Sarò sempre riconoscente a chi mi è stato tanto vicino pur senza mai avermi visto in faccia. Considero questa esperienza uno stimolo potente a utilizzare i SN in modo responsabile, umano, “buono”. Si può fare.

 

Avevamo parlato dello sviluppo di Twitter, social per il quale auspicavi la possibilità di una modifica dei refusi: per il momento, niente da fare. Di contro, sono stati introdotti i fleet. Tale novità aumenta il rischio di trasformare il social nell’ennesimo spazio autoreferenziale?

Capisco l’esigenza di tarpare le ali agli hater, capisco l’esigenza di inventare cose nuove ma Twitter con i filtri e le barriere non è più Twitter.

Nuove funzionalità possono essere sperimentate, vedremo come andrà, ma per me Twitter è massima apertura e condivisione. Io sono letteralmente nessuno e su questo social posso interagire con capi di stato, celebrità, personaggi di cultura. Capita di scriversi anche in privato, ma il bello è quando gli scambi di idee vengono allargati anche ad altri che dicono la loro. Finché non perderà questa caratteristica distintiva non credo che riuscirò a staccarmene.

 

Veniamo alla politica. Ripercorrendo la storia più recente del Partito Democratico avevi previsto “il fallimento ormai irreversibile del progetto originario del PD”. A distanza di mesi, la realtà guidata da Nicola Zingaretti non è affondata ma, stando ai sondaggi elettorali, nemmeno sembra essere rifiorita. Quali criticità impediscono al PD di tornare a essere il centro di gravità permanente del centro sinistra?

Ogni partito, per divenire centro di gravità di qualcosa, ha bisogno di una visione, di un sogno. E di una leadership che renda questo sogno visibile, concreto, incarnato. Al PD di oggi mancano entrambi questi ingredienti.

Zingaretti non esprime una visione politica capace di ispirare, nessuno di noi iscritti potrebbe dire oggi qual è il sogno del PD.

Il PD ha vissuto il sogno di Veltroni (la fusione delle anime socialista e cattolica, la vocazione maggioritaria) e quello di Renzi (il rinnovamento, il riformismo, la spinta del fare), ciascuno con i propri alti e bassi. Oggi ne è privo. Ed è anche privo di una leadership, atteso che oggi la “linea” del PD appare più frutto di un accordo tra colonnelli e di un appeasement strategico con i grillini per la gestione del potere che un’elaborazione politica originale della sua segreteria.

 



 

Inizialmente, l’arrivo a scadenza naturale del Governo sembrava sarebbe dipeso dall’atteggiamento del Movimento 5 Stelle. Poi si è palesato Renzi: come sintetizzeresti l’azione politica di Italia Viva?

Dopo la scissione di settembre ho scelto di continuare a sostenere il PD, non perché mi piaccia come è fatto oggi o perché mi dispiaccia Italia Viva ma perché credo che quel campo dovrebbe trovare la forza di unirsi anziché dividersi. Stimo Renzi e lo ritengo il miglior leader politico del centrosinistra. Di solito mi riconosco nelle sue idee e nelle sue proposte.

Ma considero i partiti personali una debolezza della democrazia, non mi piace l’alone di venerazione del quale lo circondano molti suoi sostenitori, non sopporto la confusione tra progetti politici e carriere personali. Non mi pare che IV abbia le energie per trasformarsi in un partito popolare, e allora non ci serve. Inoltre, contro Matteo Renzi la grande maggioranza degli italiani ha sviluppato (sbagliando, ma così è) veri e propri anticorpi. Non lo sopportano come persona. E di questo in qualche modo occorre prendere atto, soprattutto nel valutare le potenzialità di un partito personale.

 

L’attivismo e il modo di intendere la politica di Carlo Calenda sta facendo presa su parte dell’elettorato: Azione cresce in maniera costante, seppur non esponenziale. C’è il rischio di un nuovo partito personalistico?

Più che un rischio è una constatazione. Valgono le stesse considerazioni fatte sopra per Renzi, stima compresa.

Ma in questo caso davvero fatico a vedere il senso e la ragione della sua separazione dal PD, visto che le sue posizioni non possono più neppure dirsi strettamente liberali (come quelle di Renzi). Egli sarebbe davvero una grande risorsa a disposizione di una minoranza PD riformista ed europeista, una minoranza necessaria a scuotere dal torpore un partito addormentato sull’agenda di governo.

 

L’attuale esecutivo ha soddisfatto quella “discontinuità” da te auspicata nel nostro primo incontro?

No. E davvero si fatica a capire cosa trattenga il Partito Democratico dall’esprimere una forte e autonoma proposta politica sui temi chiave: il rilancio dell’economia, la sicurezza e l’immigrazione, il lavoro, l’Europa, i diritti civili.

Il partito appare completamente identificato nell’azione di governo e rinuncia ad ogni progettazione del futuro che non sia l’agenda del governo Conte 2. Questo spazio è lasciato a Renzi, che lo occupa con decisione ed energia ma non ne trae, apparentemente, alcun vantaggio in termini di consenso.

 

L’opposizione all’attuale Governo sembra la meno costruttiva, la più anacronistica e pericolosa degli ultimi decenni. Con Berlusconi ormai esiliato in Francia e il grande seguito rispetto al Salvini – Meloni, c’è ancora spazio per una nuova idea di destra in Italia?

Incredibilmente sembra di no.  La pulsione protestataria che porta consenso a Salvini e Meloni è ormai di tipo lepeniano e non ha più, dopo la pessima prova dell’esecutivo gialloverde, reali prospettive di governo.

Come ha giustamente rilevato Beppe Sala, l’eredità della Democrazia Cristiana oggi è dispersa in mille rivoli e non si vede all’orizzonte chi possa raccoglierla mettendola a disposizione di un progetto di governo conservatore, che non sia quello sovranista. Non vedo neppure in Giuseppe Conte, che vi punta in modo piuttosto evidente, i numeri per poter costruire una proposta credibile e duratura in quel campo.

 



 

Riferendoti al futuro della capitale avevi affermato: “Mai più una metropoli come Roma dovrà affidarsi all’arroganza di chi non ha alcuno strumento politico, manageriale e umano per amministrare processi che impattano sulla qualità della vita di milioni di persone”. Manca poco più di un anno alla scadenza del mandato di Virginia Raggi: chi dovrebbe candidare il centrosinistra?

Sono convinto che le amministrative a Roma siano un punto di non ritorno per il PD e per il centrosinistra, che devono mirare senza alcuna incertezza a un candidato forte, identitario, rappresentativo di una coalizione progressista.

Il quinquennio grillino è stato disastroso per la città e non può esserci alcun cedimento alla tentazione di coinvolgere i 5s nella prossima consiliatura. La proposta del centrosinistra per Roma deve rompere in modo esplicito con la gestione Raggi. Per quanto mi riguarda non c’è alcuna possibilità che il mio voto vada a un eventuale candidato “giallorosso” alle prossime comunali.

 

Il coronavirus ha cambiato tutto ma non la politica nazionale. Al di là delle formule magiche, dal digitale alla sburocratizzazione, l’attuale Governo saprà fare fronte alla prossima emergenza socio-economica?

Il pallino è in mano al PD. I grillini sono avviluppati nei loro regolamenti di conti interni e in questo momento la loro attenzione è sulle bandiere utili alla loro sopravvivenza, non sull’economia italiana. Renzi ha molte idee ma un potere nei fatti più interdittivo che propulsivo.

E’ il Partito Democratico a dover focalizzare un’idea di paese autonoma dagli alleati, elaborare una strategia concreta di sviluppo economico che vada oltre il tamponamento dell’emergenza, raccogliere attorno ad essa il consenso popolare, delle parti sociali e della società civile e poi proporla al governo con la forza e la decisione necessarie.

Accanto ai provvedimenti di sostegno all’impoverimento da lockdown urgono misure straordinarie di stimolo alla ripresa economica, come ad esempio il superbonus al 110%. Se il PD fallirà questa sfida il Paese fallirà insieme a lui.

 

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Foto: https://pixabay.com/it/photos/yoda-starwars-actionfigure-667955/

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